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La sorte dei Marò. E’ stato duro l’ambasciatore Francesco Azzarello davanti al Tribunale arbitrale internazionale dell’Aja: «Agli occhi dell'India non c'è presunzione di innocenza: i Marò erano colpevoli di omicidio ancora prima che le accuse fossero formulate».
Udienza al via
Si è aperta così ieri l’udienza per decidere se i due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dovranno essere giudicati in Italia e se la competenza sarà a carico di una corte indiana.
Un procedimento che potrebbe durare fino al 20 luglio e una decisione finale entro sei mesi.
Da parte sua, il rappresentante dell’India, il sottosegretario agli Esteri G. Balasubramanian, ha insistito che «la giurisdizione è chiaramente indiana perchè l’India e i due pescatori sono le uniche vittime della vicenda».
La tesi avanza da New Delhi è che, essendo il fatto avvenuto al largo delle coste del Kerala, la sentenza deve essere pronunciata dai giudici indiani.
La posizione italiana
L’Italia dal canto suo punta soprattutto su considerazioni di natura umanitaria definite rilevanti in quanto i fucilieri di Marina alla fine «saranno stati privati, a vari livelli, della loro libertà senza alcuna imputazione per otto anni».
Dal punto di vista prettamente legale Latorre e Girone sono da considerarsi «funzionari dello Stato italiano nell’esercizio delle loro funzioni in acque internazionali e quindi immuni dalla giustizia straniera.
Sulla vicenda è intervenuta anche la ministra della Difesa Elisabetta Trenta che attraverso Facebook ha espresso la sua vicinanza ai militari: «Cari Salvatore e Massimiliano, non siete soli. Ne voi, ne le vostre famiglie. Vi mando un forte abbraccio a nome del governo e di tutta la Difesa».
La vicenda
Si tratta di una vicenda che risale al 2012 quando i due marò, imbarcati come scorta sulla nave mercantile Enrica Lexiè, che navigava in acque a rischio di pirateria, furono accusati di aver ucciso due pescatori indiani, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, al largo della costa di Kerala.
I due militari furono fermati e trasferiti nel carcere di Trivandrum per ordine del tribunale di Kollam.
Successivamente, nel mese di maggio l’Alta Corte del Kerala concesse la libertà con una cauzione di 10milioni di rupie. Inoltre venne stabilito l’obbligo di firma e il ritiro del passaporto.
Il ritorno in Italia avvenne una prima volta in occasione delle festività natalizie, due settimane ma con l’imposizione di un nuovo volo in India.
Durante la permanenza vennero ascoltati dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldi.
Poi ancora in Italia per le elezioni politiche del 2013.
In questa occasione il governo sembrava intenzionato a trattenerli ma poi cambiò idea, una vicenda che provocò un terremoto politico con le dimissioni del ministro degli Esteri del governo Monti Giulio Terzi.
L’anno successivo la Corte Suprema indiana respinse le istanze di Girone e Latorre per un definitivo ritorno in terra italiana.
Una situazione bloccata che fece prendere all’Italia la decisione di ricorrere ad un arbitrato internazionale nel giugno del 2015.
Roma si impegnò affinché Latorre rimanesse a casa, dove nel frattempo era già tornato per motivi di salute.
Inoltre tre anni fa il Tribunale Arbitrale dispose anche il rientro in patria di Girone fino alla conclusione del procedimento.