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«Ottimismo, ma con prudenza». È questa la formula di Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano, per affrontare l’autunno. Sarà la stagione di una recrudescenza del virus? Lo spettro ritorna nei dati degli ultimi giorni: 1.411 i nuovi positivi e 5 i decessi riportati nel bollettino di ieri del ministero della Salute sul contagio in Italia. «Bisogna continuare a vivere, per quanto possibile - rassicura Pregliasco. Potremo forse evitare una seconda ondata di Coronavirus se non gestiremo le attività come al Billionaire...» .
Eppure, Professore, i numeri degli ultimi giorni, con balzi in avanti e ribassi, tornano a fare paura.
Ci troviamo in una situazione di andamento endemico del contagio. Finita, per ora, la fase epidemica, siamo in una fase costante del virus legata a focolai che, finora, siamo in grado di isolare. Questa ondulazione era attesa, e anzi: più nuovi positivi si trovano, meno questi contagiano. Dobbiamo guardare non tanto al valore assoluto del dato, ma alla percentuale di positivi nei tamponi di prima diagnosi, perché è lì che si legge il vero incremento. Purtroppo, in questo senso la percentuale, seppur contenuta, sta aumentando.
Questo cosa ci dice?
In questo momento stiamo vedendo qualcosa di diverso: prima monitoravamo i casi clinici, più o meno gravi, ora grazie al sistema di tracciamento, riusciamo a individuare una parte ' più buona' della malattia. Quelle forme più blande tipiche nei giovani, che spesso non sono gravi per loro, ma che ovviamente rappresentano un rischio per gli altri.
Si è detto che il virus ha cambiato bersaglio: la media d’età si è davvero abbassata?
È una formulazione errata. O meglio, è una constatazione valida rispetto alla modalità di campionamento. Oggi che tamponiamo i contatti stretti, i familiari, scoviamo casi che nella prima fase ci sono sfuggiti e che possiamo considerare come la ' causa' di quella che è stato l'effetto epidemico, la concentrazione massiva.
L’autunno porta con sé la minaccia di una seconda ondata. È un destino ineluttabile?
Lo possiamo considerare un rischio verso cui attrezzarci, da gestire al meglio nelle modalità di tracciamento. Io sono ottimista, ma sarà fondamentale la capacità di tenere bassa la diffusione, che sarà probabilmente più alta di adesso. Ci allineeremo alle altre nazioni europee. Così come adesso assistiamo a un’omogeneizzazione a livello regionale. La lombardia non è più al primo al posto nei contagi: ormai ci sono pochi focolai un po' dappertutto. La tendenza è quasi alla normalizzazione, e in più la grossa quota dei positivi, in Lombardia il 60%, deriva dagli arrivi dall'estero.
Intanto la campanella è vicina: tra difficoltà e incertezze le scuole si preparano a riaprire. Siamo pronti?
Dobbiamo esserlo. Si tratta di un obbligo di legge: sono coinvolti 8 milioni di ragazzi, 2 milioni di lavoratori, calcolando anche le famiglie, quasi metà della popolazione italiana. È uno “stress test” che va gestito al meglio in termini precauzionali: nelle prime fasi si dovrà fare ciò che è meglio dal punto di vista della realizzabilità, ciò che il Comitato tecnico scientifico suggerisce.
Che cosa ci insegna l’esperienza negli altri paesi? La Corea del Sud, ad esempio, ha richiuso tutte le scuole a Seul.
Certamente nella scuola si concentrano tutti gli elementi critici: lo spostamento di persone, il mantenimento per lungo tempo di distanza ravvicinata. È vero che probabilmente sotto i 10 anni i contagi sono meno pericolosi, ma se consideriamo una corte di 500mila bambini di 6 anni che stanno insieme per 5 ore, il rischio esiste...
Mascherine ai bambini: sì o no?
I dispositivi di protezione sono un elemento fondamentale: dal punto di vista scientifico- tecnico quanto più si riesce a indossarle, meglio è. Certo la realtà pratica è un’altra: è auspicabile che si trovino le opportunità di mantenerle, sopratutto nelle occasioni più a rischio e quando non si può garantire il distanziamento sociale.
Un altro nodo discusso sul rientro in classe riguarda i trasporti. Secondo le indicazioni del Cts, a capienza raggiunta degli autobus, la permanenza non può superare i 15 minuti. È d’accordo?
Quella indicata è la tempistica che oggi si ritiene necessaria per essere infetti. Rispetto all'influenza, che è più istantanea, questo virus necessita di un'esposizione prolungata. È chiaro che non si può considerare il minuto: è un dato fatto di mediazione statistica. In qualche modo ci permette di ridurre il rischio. Ma nell'operatività i rischi si devono correre: si tratta di minimizzarli. O di avere contezza di minizzare quelli che si riesce a governare.