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Carlo Nordio fa scandalo, certo. Voci assolutamente moderate come il senatore del Pd Walter Verini definiscono persino «inquietante» la due giorni di relazioni e repliche prodotta dal ministro della Giustizia. Irrompe in santuari finora inviolabili, Nordio. Innanzitutto quello delle intercettazioni: perché l’abuso dello strumento investigativo è noto, ma mai un magistrato, o un ex magistrato, aveva denunciato con tanta chiarezza le manipolazioni, la propalazione indebita, la consapevole inerzia di fronte ad atti segretissimi che filtrano all’esterno come se niente fosse.
Nessuno, che avesse un pregresso da pubblico ministero, si era mai trovato, da guardasigilli, a definire le misure cautelari uno «strumento di pressione investigativa». E nessuno aveva detto, come ha fatto ieri Nordio in fase di replica a Montecitorio, che la separazione delle carriere non può certo essere contrastata con la tesi secondo cui giudici e pm hanno in comune la «cultura della giurisdizione»: per il semplice motivo, ha chiarito con parole esemplari il ministro, che la giurisdizione si fa in tre, anche con gli avvocati, e che dunque il pm è una “parte” esattamente come il difensore.
Fa scandalo, Nordio. E non solo per gli attori della politica. Un po’ di scandalo, è ovvio, si diffonde anche all’esterno, fra gli elettori. Ed ecco il punto: bisogna capire se il centrodestra avrà la forza di rompere una volta per tutte le catene che legano la politica alla parte più giustizialista dell’opinione pubblica. Bisogna capire, in particolare, se Fratelli d’Italia e Lega avranno la forza di andare in mare aperto, di seguire Nordio in un cambio di linguaggio totale sulla giustizia. Si tratta di sfidare una parte degli elettori, non solo gli avversari politici.
E qui, in effetti, c’è in gioco la tenuta della coalizione di governo e il rischio che si rafforzi un legame, una convergenza, già visibile tra Forza Italia e Terzo polo. Perché i berlusconiani, Azione - che vanta figure di rilievo nel dibattito sulla giustizia come Enrico Costa - e l’Italia viva di quel Renzi che sembra volersi fare leader di un “garantismo intransigente”, già comunicano con lo stesso codice. Sono già allineati perfettamente nella scia del ministro. E più lui, Nordio, insisterà nella coraggiosa traiettoria inaugurata due giorni fa con la prima delle sue due relazioni al Parlamento, quella di Palazzo Madama, più la prova di tenuta, per l’alleanza di centrodestra, sarà impegnativa.
Fratelli d’Italia, soprattutto, dovrà scegliere: rinunciare a seguire le pulsioni più securitarie dell’elettorato e sostenere il “trauma garantista” con cui il guardasigilli sembra voler sconvolgere gli equilibri; oppure lasciare che si saldino il discorso liberale proposto da anni, sulla giustizia, da Forza Italia, rappresentata a via Arenula anche dal viceministro Francesco Paolo Sisto, e il Terzo polo, che finora ha mostrato assoluta coerenza nella scelta di campo su diritti e garanzie.
La Lega è forse anche più in difficoltà. Ieri è arrivato al guardasigilli il plauso di deputati come Jacopo Morrone, che ha rappresentato il Carroccio, negli anni scorsi, anche al ministero, in qualità di sottosegretario, e che ha definito «ambiziose e condivisibili» le proposte di Nordio. Il partito di Matteo Salvini ha già condiviso con l’attuale ministro la campagna per i referendum sulla giustizia, e se non continuasse a sostenere il titolare di via Arenula, finirebbe per contraddirsi anche più di quanto accadrebbe a Fratelli d’Italia, che pure ha voluto Nordio prima in Parlamento e poi al ministero.
Si dirà: in un periodo del genere, in cui tutto sembra schiacciato dal peso di questioni come quelle legate alla guerra e al rischio recessione, figurarsi se le geometrie della politica potranno variare sulla base dei gusti in materia di giustizia. Ma una sottovalutazione del genere è pericolosa. La giustizia è tuttora l’architrave su cui si regge l’assetto della politica italiana, da Mani pulite in poi. Perché scatena polarizzazioni altrimenti inimmaginabili. E a trent’anni da quel trauma del nostro sistema politico, forse è venuto il momento di mettere davvero in discussone il modello giustizialista e populista che ha fatto da codice di riferimento per quasi tutte le maggioranze. Si sottovaluta il rischio di una frattura nell’alleanza di governo perché si sottovaluta Nordio. Un magistrato a cui nessuno può contestare alcunché, se non il fatto di conoscere fin troppo bene i paradossi che viziano, da un bel po’ di tempo, i rapporti fra politica e giustizia.