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Si sta come d’autunno in cattedra gli insegnanti. E visto che precarietà è sinonimo d’instabilità, parafrasando Ungaretti si potrebbe dire che il corpo docenti si prepara a un’altra battaglia sul proprio futuro. I dati pubblicati da Cisl Scuola mostrano, senza possibilità di replica, la situazione in cui versa il sistema scolastico italiano. A settembre si prevedono 85.150 cattedre vacanti, il dato più alto di sempre. Per avere un termine di paragone, basti pensare che durante l’anno scolastico appena concluso tra esami di terza media in videoconferenza e maturità in presenza ma a distanza e con la mascherina, erano 64.149. Il dato che fa riflettere è che tra superiori, medie, elementari e scuola dell’infanzia quelle che riguarderanno gli insegnanti di sostegno saranno 21.841. Come spesso accade, le maggiori difficoltà ricadono sui soggetti più fragili. «Avremo un inizio anno complicato soprattutto al Nord, più colpito dal Covid-19 – spiega Maddalena Gissi, segretaria di Cisl Scuola – non si può procedere solo per concorsi, ma è necessaria una procedura di reclutamento e stabilizzazione come avviene nella Pa». Un tema, quello della precarietà nella scuola, che logora da anni il sistema educativo nel nostro Paese, se è vero, come spiega Uil Scuola, che durante il prossimo anno si andrà incontro alla più tragica staffetta tra insegnanti che si ricordi dal 2007. «Duecentomila docenti, uno su quattro, saranno precari – commenta Pino Turi, segretario generale del sindacato – un quadro desolante». Peggiorato, continua Turi, dalle decisioni prese dalla ministra Azzolina, accusata di «decidere da sola, nel chiuso delle proprie stanze, il nuovo regolamento delle supplenze. Con il risultato che a settembre saranno nominate con le vecchie graduatorie, poi durante l’anno si assisterà a un cambio in cattedra sulla base della nuova ordinanza». L’allarme lanciato dalla Cisl è solo l’ultimo filo di una matassa sempre più intricata per la titolare di Viale Trastevere, tra bozze in cui si ipotizza il plexiglas tra i banchi e «software in grado di misurare quanti metri quadrati ci sono in classe» (copyright Azzolina). Ma ciò che evoca maggior sconforto è la mancanza di garanzie per il futuro di decine di migliaia di insegnanti ai quali è affidata la crescita di bambini e ragazzi che hanno già perso tre mesi di comunità tra i banchi. «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza», scriveva Antonio Gramsci nel 1919. A distanza di più di cento anni gli studenti di oggi vorrebbero che la Repubblica garantisse loro il diritto ad essere istruiti. Ai docenti, quello di istruire.