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Il Consiglio dei Ministri, grazie al pressing del ministro della Giustizia Andrea Orlando, ieri ha approvato, in esame preliminare, i decreti attuativi della riforma dell’ordinamento penitenziario. Plaude il guardasigilli: «Un lavoro che è durato molti anni e del quale sono molto orgoglioso. In zona Cesarini arriviamo a concludere questo percorso. Oggi è una giornata per me molto importante». Sì, come dice il ministro, si è arrivati a concludere questo percorso in “zona Cesarini”, perché a breve c’è lo scioglimento delle Camere e il Consiglio dei ministri non avrebbe più avuto la possibilità di licenziare tali decreti. Ora toccherà alle Commissioni competenti dare il parere di conformità alla delega (che può essere dato anche a Camere sciolte) e finalmente, si potrà dire che l’iter di approvazione è definitivamente chiuso.
Non potevano mancare le felicitazioni espresse da Rita Bernardini, della presidenza del Partito Radicale, che, assieme a Deborah Cianfanelli, presidente del comitato Radicale per la Giustizia “Pietro Calamandrei”, ha intrapreso a più riprese lo sciopero della fame per aiutare il Guardasigilli a portare a compimento l’approvazione della riforma. «Grazie Ministro Andrea Orlando, grazie Governo Gentiloni dice pubblicamente Rita Bernardini - per aver salvato la Riforma dell’ordinamento penitenziario in zona Cesarini. Grazie al Partito Radicale, ai 30 mila detenuti che hanno aderito al Satyagraha, a coloro che hanno digiunato partecipando alle diverse fasi della lotta nonviolenta dall’estate del 2016. Ora sarà importante leggere il contenuto della riforma - conclude - augurandoci che corrisponda alle indicazioni del Parlamento e, da subito, fare in modo che sia effettivamente attuata».
Ancora non conosciamo nel dettaglio il contenuto dei decreti licenziati dal Governo, ma dalle puntuali informazioni del Garante nazionale delle persone private della libertà, sappiamo che il Ministero ha elaborato cinque distinti decreti delegati: di riforma dell’ordinamento penitenziario per adulti e per i minori, di riforma delle alternative alla detenzione e delle misure di sicurezza, di disciplina delle misure di giustizia riparativa. Questi decreti sono frutto del lavoro delle commissioni ministeriali che hanno dato corpo alla delega parlamentare, ispirandosi alle riflessioni degli Stati Generali sull’esecuzione della pena. Una riforma, quindi, senza precedenti, visto che siamo rimasti fermi a un ordinamento penitenziario che risale al 1975, quando, nel frattempo, sono maturate altre concezioni più avanzate per dare un senso all’esecuzione penale che ha come faro il principio dell’articolo 27 della costituzione italiana, soprattutto quella parte che recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
Pene che non sono esclusivamente carcerarie. Infatti la riforma punta molto alla valorizzazione dell’esecuzione penale esterna: ci sarà l’allargamento della popolazione carceraria che potrà ottenere i benefire ci di legge, come la “messa alla prova” e il lavoro esterno, oppure altre forme di espiazione della pena come la cosiddetta “giustizia riparativa”. Altro aspetto valorizzato è la salute in carcere. Soprattutto quella mentale. Ci sarà la creazione di sezioni speciali riservate ai casi di infermità mentale sopravvenuta dopo la condanna e l’opzione di rinviata esecuzione della pena in particolari circostanze. Resta però l’incognita riguardate il diritto all’affettività in carcere contemplato dai decreti, in maniera specifica la possibilità di concedere ai detenuti incontri intimi con i partner. Per garantire questo diritto ci vogliono strutture adeguate che sono del tutto inesistenti nelle carceri, quindi ci vogliono i soldi: i fondi stanziati dalla legge di Bilancio per coprire le spese necessarie per gli interventi di edilizia carceraria non potrebbero bastare.