Benjamin Netanyahu sotto la pressione della piazza durata sedici settimane, aveva annunciato un mese fa, che l'esame della contestatissima riforma della giustizia sarebbe stato rimandato a dopo Pasqua. Ufficialmente per trovare un accordo con le opposizioni in parlamento, più prosaicamente per guadagnare tempo e far raffreddare il fuoco delle proteste. Nonostante una situazione che sembrava placarsi la manifestazione che si è svolta giovedì scorso a Gerusalemme promette di aprire una nuova stagione di scontro.

Centocinquanta, forse duecentomila persone, sono scese per le strade, questa volta e toccato ai sostenitori della legge voluta dal governo. Avvolti nelle bandiere bianche e blu di Israele, la stessa simbologia dei contestatori, i supporter governativi hanno dato rappresentazione alla divisione che grava sullo stato ebraico.

Alla manifestazione hanno partecipato anche alcuni ministri che non hanno lesinato parole incendiarie. Sono stati soprattutto i titolari dei dicasteri di Finanze e Giustizia ad arringare la folla promettendo di approvare la legge rinviata. Per il ministro Yariv Levin non si puo ignorare che due milioni di israeliani hanno votato per l'attuale governo e così facendo hanno anche dato un mandato per i cambiamenti. Secondo Levin, responsabile dell'apparato giudiziario, quella degli oppositori e una grande bugia: «Ci viene detto che se la riforma passa, ci sarà una dittatura. Non c'è menzogna più grande di questa».

Ancora più acceso il discorso di Bezalel Smotrich che tiene il timone delle finanze israeliane: «A tutti i miei amici che sono seduti qui, vedete quanto potere abbiamo. Hanno i media e hanno magnati che finanziano le proteste, ma noi abbiamo la nazione». In tutte queste parole riecheggia il mantra della destra internazionale, accenti che ricordano le uscite di Trump così come quelle delle destre populiste europee. Alla fine una quasi minaccia che non fa presagire tempi tranquilli: «Risolveremo ciò che deve essere riparato».

La ciliegina sulla torta è stato l intervento dell ultra nazionalista ministro della Sicurezza Ben Gvir: «Non hanno fatto i conti con il fatto che abbiamo vinto». Tutto ciò conferma che rimangono inascoltati gli appelli del presidente Isaac Herzog, il cui ruolo è in gran parte simbolico, che ha chiesto alle parti di raggiungere un compromesso e di abbassare i toni delle proposte iniziali. La distanza che divide il paese è nota così come le posizioni politiche contrapposte. I sostenitori dei cambiamenti sostengono che la riforma ripristinerebbe l'equilibrio tra i rami del governo in modo che il parlamento eletto, controllato dall'estrema destra, abbia l'ultima parola, come si addice a una democrazia. I contrari invece insistono sul fatto che si rimuoverebbero i controlli su chi è al potere, indebolendo l'indipendenza dei tribunali e mettendo in pericolo la democrazia.

Con la nuova legge inoltre la Corte Suprema non sarebbe in grado di ribaltare o modificare le decisioni della politica come successo nei casi di espropri di terre palestinesi occupate dai coloni israeliani. Ma probabilmente il motivo piu forte dello scontro e quello che riguarda proprio Netanyahu, sotto processo per accuse di corruzione. Con i cambiamenti eventuali all'apparato giudiziario il parlamento nelle mani dei suoi partner di coalizione potrebbe consentirgli una via di uscita senza danni.

Lo scontro in atto in Israele però rischia di erodere quella compattezza che è sempre stata la sua forza. Non puo infatti rimanere sotto silenzio il fatto che le proteste antigovernative hanno visto in prima fila esponenti dell'esercito e dei servizi segreti. Quel deep state che la destra religiosa ultra ortodossa vede come il vero nemico. Gli effetti di questa contrapposizione sono stati evidenti con i riservisti che hanno minacciato di non presentarsi se chiamati. Un evento fino ad ora inimmaginabile.

Dopo la prova di forza della piazza vicina a Netanyahu le opposizioni non hanno fatto mancare la loro voce. Yair Lapid ha scritto sui social media «di provare profonda vergogna e tristezza. I discorsi incendiari dei ministri e dei parlamentari continuano solo a lacerare il paese e smantellare la società israeliana. Dove vuole condurci questo governo?». Intanto, e questa è la notizia che fa intravedere un futuro denso di incognite, figure di spicco del movimento di protesta anti governativo si sono impegnate a portare folle ancora più grandi per le strade di Tel Aviv e di altre città israeliane sabato prossimo.