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Letteralmente sulla graticola. Strattonati sia dai dem sia dai conservatori, che sono arrivati armati di milioni di documenti, centinaia di ore di dichiarazioni e anche comunicazioni private provenienti dall’interno delle aziende. Convinti che gli amministratori delle più grosse aziende tecnologiche del mondo, Apple, Google, Facebook e Amazon, siano dei veri e propri «imperatori dell'economia online». A rappresentare il “tribunale” di questo strano processo il Congresso degli Stati Uniti, che ha accusato i colossi del web di aver diffuso notizie false e di rappresentare un pericolo per l'economia americana. E ciò grazie al trattamento normativo preferenziale di cui per anni hanno goduto, grazie al quale sono state in grado di monopolizzare il mercato e raccogliere e gestire in maniera opaca le informazioni di milioni di utenti, manipolando l'accesso all'informazione e gli orientamenti politici. Loro - Jeff Bezos di Amazon, Mark Zuckerberg di Facebook, Sundar Pichai di Google e Tim Cook di Apple, tra le persone più ricche e potenti del pianeta - sono apparsi in videoconferenza malcelando il loro potere, in completi formali su sfondi pressoché anonimi, in uno scambio velocissimo che non ha lasciato realmente spazio alla condivisione di informazioni utili per chiarire la situazione. Ma che è servito per chiarire l’ostitlità del Congresso nei confronti di chi ha nelle proprie mani i dati di milioni di persone, una vera e propria miniera d’oro. I leader delle aziende più importanti del mondo hanno risposto per cinque ore alle domande dei membri del Congresso, in intervalli di cinque minuti per volta. L'audizione si è concentrata sui presunti abusi, da parte degli Ad, della propria posizione dominante sul mercato, nel mentre i legislatori stanno prendendo in considerazione norme più severe. «In parole povere, hanno troppo potere», ha detto il membro della Camera dei Rappresentanti per lo stato del Rhode Island, il democratico David Cicilline, che ha condotto un'indagine lunga un anno sulle pratiche commerciali delle quattro società. Cicilline ha parlato di «monopolio» da parte di queste aziende, le cui regole di comportamento devono essere «adeguatamente regolate» e «ritenute responsabili» della gestione dei dati. «I nostri padri fondatori non si sarebbero mai inchinati a un sovrano e noi non dovremmo inchinarci agli imperatori dell'economia online», ha tuonato durante l’audizione. Un potere, ha aggiunto, rafforzato dall’emergenza Coronavirus. «È probabile che emergano (dalla pandemia) più forti e più potenti che mai», ha sottolineato. I repubblicani hanno contestato principalmente ciò che percepiscono come un pregiudizio anti-conservatore da parte dei giganti della tecnologia, mentre i democratici si sono dimostrati più preoccupati dell'impatto della big-tech sui piccoli concorrenti. «Pensiamo tutti che il libero mercato sia fantastico. Pensiamo che la concorrenza sia fantastica. Adoriamo il fatto che si tratti di società americane - ha dichiarato Jim Jordan (Ohio), il massimo repubblicano del comitato giudiziario della Camera -. Ma ciò che non è eccezionale è censurare le persone, censurare i conservatori e cercare di influenzare le elezioni. E se non finisce, ci devono essere delle conseguenze». Ma ciò che è mancato durante le audizioni è stata una discussione sui danni o sui benefici per i consumatori generati dalle società in questione. A tali accuse, gli amministratori delegati auditi dal congresso hanno risposto con dati che dimostrerebbero quanto siano competitivi i mercati e il valore della loro innovazione e dei servizi essenziali per i consumatori, sbandierando la loro “americanità”. Tra i temi trattati durante l'audizione, la moderazione dei contenuti web, le tattiche adottate per guadagnare posizioni di monopolio in mercati come la pubblicità digitale e l'e-commerce, le strategie di acquisizione e la cooperazione con il governo cinese. Google è stata accusata di aver rubato recensioni di ristoranti da Yelp e di aver voltato le spalle agli Stati Uniti, rinunciando alle offerte per un contratto governativo, ma anche di privilegiare i risultati di ricerca redditizi al posto di quelli più pertinenti. Pichai, da parte sua, ha fatto fatica a tenere testa a Cicilline, che ha accusato la società di sfruttare il proprio motore di ricerca, in posizione dominante sul web, per rubare idee e informazioni da altri siti e manipolare i risultati delle ricerche per indirizzare le persone sui propri servizi digitali, nel tentativo di aumentare i propri profitti. L’Ad ha tentato di deviare gli attacchi, sostenendo che il motore di ricerca agisce nel tentativo di fornire le informazioni più utili e pertinenti in relazione alle ricerche di centinaia di milioni di persone che lo usano ogni giorno, nel tentativo di sottrarli ai rivali. «Oggi sosteniamo 1,4 milioni di piccole imprese che supportano oltre 385 miliardi di dollari nella loro attività economica principale - ha affermato -. Vediamo prosperare molte aziende, in particolare anche durante la pandemia». Pichai ha anche negato che Google sia mai stata coinvolta in progetti che abbiano favorito la Cina. Zuckerberg ha subito rispedito al mittente le accuse, negando di aver operato acquisizioni per far fuori la concorrenza e una incerta gestione delle fake news, passando per l'utilizzo di dati degli utenti. E non ha risparmiato gli attacchi ai colleghi. Ma soprattutto è stato punzecchiato per quanto riguarda il ruolo di Facebook nelle elezioni presidenziali del 2016 e le interferenze russe sulla tornata elettorale. I membri del Congresso hanno quindi tirato fuori documenti interni dell'azienda accusando Zuckerberg di aver inghiottito i rivali per ridurre la concorrenza. Zuckerberg ha affermato che la società intende «essere una piattaforma per tutte le idee», senza una distorsione ideologica. Da qui la domanda di Matt Gaetz, che ha chiesto se i moderatori dei contenuti e altri dipendenti siano mai stati licenziati a causa del loro orientamento politico. Il riferimento era, in particolare, a Palmer Luckey, un alto dirigente e creatore delle cuffie per realtà virtuale Oculus, licenziato, secondo il Wall Street Journal, proprio per il suo orientamento. Una teoria avvalorata da alcuni documenti, secondo i quali Luckey sarebbe stato invitato a sopprimere le proprie convinzioni politiche. Zuckerberg ha preferito non commentare il caso, pur esprimendo contrarietà nei confronti dei licenziamenti per ragioni politiche. Meno aggressivo l'atteggiamento di Cook, che si è dovuto difendere dall'accusa che l'Apple Store non tratti tutti gli sviluppatori delle app in maniera uguale e di aver modificato le proprie politiche in merito alle commissioni, per ottenere maggiori entrate dagli sviluppatori. Cook ha negato qualsiasi cambiamento nella politica dell’azienda, riconoscendo però che Apple potrebbe aver commesso errori in passato a causa dell'elevato numero di app inviate allo store. Bezos ha detto di essere pronto a riconoscere alcune distorsioni di Amazon e a correggerle, dichiarando di non poter garantire che la propria società non abbia avuto accesso ai dati dei venditori per realizzare prodotti concorrenziali, dopo aver precedentemente negato tale accusa. Le autorità di regolamentazione negli Stati Uniti e in Europa hanno esaminato attentamente le relazioni di Amazon con le aziende che vendono prodotti sulla piattaforma, nel tentativo di comprendere come siano stati utilizzati quei dati per creare i propri prodotti. «Abbiamo una politica contro l'utilizzo di dati specifici del venditore per aiutare la nostra attività di etichetta privata», ha dichiarato Bezos in risposta a una domanda del democratico di Washington, Pramila Jayapal. «Ma non posso garantirvi che tale politica non sia stata violata». Prima dell'audizione, il presidente Donald Trump, tramite un tweet, ha invitato il Congresso a ridurre il margine d’azione delle compagnie, che il Tycoon ha accusato di parzialità nei suoi confronti e dei conservatori in generale. «Se il Congresso non conferisce equità alle Big-Tech, cosa che avrebbero dovuto fare anni fa, lo farò io stesso con ordini esecutivi», ha tuonato Trump. Un tipo di intervento che ha sicuramente meno margini d’azione rispetto alle leggi del Congresso, pur avendo forza di legge, ma senza il potere di modificare gli statuti federali. Nella sua indagine bipartisan, la sottocommissione giudiziaria ha raccolto testimonianze da parte dei dirigenti di medio livello delle quattro società, concorrenti ed esperti legali, e ha esaminato oltre un milione di documenti interni dalle società, interrogandosi sull’adeguatezza delle politiche di concorrenza esistenti e delle secolari leggi antitrust per la supervisione dei giganti della tecnologia o se siano necessarie nuove leggi e finanziamenti.