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Il Partito Radicale è ritornato a manifestare per la V Marcia di Pasqua per l’amnistia affinché, come hanno scritto gli organizzatori nel manifesto dell’evento, ' lo Stato di Diritto possa e debba prevalere nella vita pubblica del Paese, partendo proprio dalla sofferenza in cui versa la giustizia italiana'. A cinque mesi dalla IV Marcia, in concomitanza con il Giubileo dei carcerati voluto da Papa Francesco, dirigenti e militanti radicali scenderanno nuovamente tra le strade di Roma - dal carcere di Regina Coeli sino a Piazza San Pietro - volendo trasmettere il messaggio politico del loro leader Marco Pannella, scomparso lo scorso maggio: «La nostra richiesta di amnistia non è quel ' gesto di clemenza' che chiede il Papa. Noi vogliamo un’amnistia ' legalitaria', cioè che ripristini le condizioni di legalità costituzionale nei tribunali e nelle carceri, contrapposta a un’altra amnistia: quella strisciante, clandestina, di massa e di classe che si chiama ' prescrizione'. Noi vogliamo un’amnistia che sia propedeutica a una grande riforma della giustizia penale. Chiediamo anche una riforma della giustizia civile, la cui paralisi penalizza i privati e le imprese, scoraggia gli investimenti esteri e comporta costi enormi per l’economia nazionale. Chiediamo una Grande Amnistia per la Giustizia, per la Costituzione, per la Repubblica».
Molte le adesioni pervenute dal mondo politico, della cultura e del giornalismo: don Luigi Ciotti, Riccardo Iacona, Lucia Annunziata, Annalisa Chirico, Adriano Sofri, Arturo Diaconale, Gianmarco Chiocci, Piero Sansonetti, Giuliano Ferrara, Flavia Fratello, Oliviero Toscani, Ilaria Cucchi, Erri De Luca, Alessandro Cecchi Paone, Gad Lerner, Alberto Matano, Giulia Bosetti, Marco Risi, Piero Pelù, Sandro Gozi, Beatrice Lorenzin, Lucio Barani, Enrico Buemi, Franco Carraro, Monica Cirinnà, Franco Corleone, Francesca Scopelliti, Loredana De Petris, Vincenzo Vita, Mario Marazziti, Valter Verini.
Motore della marcia Irene Testa, segretaria dell’associazione radicale “Il Detenuto Ignoto” a cui chiediamo perché tornare a marciare a distanza di poco dall’ultima marcia. «La situazione peggiora di giorno in giorno sia sul fronte carceri che su quello della giustizia. A differenza delle altre è una marcia ancora più convinta, fatta di persone coraggiose che hanno deciso di metterci la faccia per chiedere che il Parlamento si occupi di questi temi». Però, fatta eccezione per il Partito socialista, si tratta di adesioni a livello personale da parte dei parlamentari. «La nostra classe politica ha sempre più paura del nome “amnistia”. Tuttavia credo che l’intero Pd così come Forza Italia avrebbero dovuto aderire. Il problema è che manca l’informazione su questo tema e quindi i cittadini non sono messi a conoscenza dei vantaggi sociali ed economici che ci sarebbero con una riforma strutturale della giustizia. Se lo fossero, spingerebbero i loro rappresentanti politici a fare qualcosa: non necessariamente un provvedimento di amnistia ma qualcosa che ad esempio eviti le migliaia di ingiuste detenzioni e errori giudiziari, o diminuisca i tempi della custodia cautelare. Basti pensare che, come emerge dal sondaggio commissionato da Fino a prova contraria, 9 italiani su 10 ritengono che la giustizia vada riformata» . In prima fila domani ci sarà ovviamente Rita Bernardini, della presidenza del Partito Radicale, che ha digiunato per 31 giorni insieme a circa 20.000 detenuti. La domanda per lei è molto semplice: anche l’ 8 aprile 2012, sempre a Pasqua, marciavate con gli stessi obiettivi, e così anche nel Natale 2005. Si sono fatti passi avanti per una giustizia giusta in tutti questi anni? «Da allora abbiamo avuto la sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 della Convenzione, cioè per trattamenti inumani e degradanti nelle nostre carceri e il messaggio costituzionale – tanto voluto da Marco Pannella - del Presidente della Repubblica Napolitano alle Camere. Abbiamo contribuito in modo determinante a portare a conoscenza di fasce importanti della popolazione il problema delle infami carceri italiane e di una giustizia letteralmente fuorilegge perché non governata nelle sue irragionevoli lentezze e nei suoi macroscopici errori solo sporadicamente risarciti. Piccoli passi sono stati sicuramente fatti e cito ad esempio gli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, ma il rischio è che non venga fatto ciò che in uno Stato democratico deve essere obbligato: riportare l’amministrazione della Giustizia e delle carceri nei parametri costituzionali». Perché è così difficile condividere politicamente il provvedimento di amnistia? «Per anni i rappresentanti del governo ci hanno detto di voler perseguire il rientro nella legalità con i più diversificati provvedimenti a patto di escludere amnistia e indulto. Il risultato è che le cosiddette norme svuota- carceri o accelera- processi si sono dimostrate del tutto inidonee a consegnare al Paese una pena e un processo “legali”. Parlano di misure “strutturali” – lo stesso ministro Orlando ha seguitato a ripeterlo – ma ci fanno fare i conti con il sovraffollamento penitenziario che riprende vigore, con i suicidi e le morti in cella, con i mancati percorsi rieducativi e con dati che continuano ad essere abnormi per la custodia cautelare in carcere. Il problema serio è che la classe politica – ormai da decenni - si è auto- castrata, rinunciando al ruolo affidatogli dai padri costituenti di amministrare il sovraffollamento carcerario e quello dei processi attraverso leggi di amnistia e di indulto che ne riducano l’effetto devastante sulla vita dei cittadini. Il nostro compito, credo, sia di riportare a ragionevolezza e responsabilità i rappresentanti delle istituzioni» . Un obiettivo che accomuna il Partito Radicale con Papa Francesco è l’abolizione dell’ergastolo, che il Santo Padre ha definito ' una pena di morte nascosta'. Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno Tocchi Caino, sta girando l’Italia con il docufilm diretto da Ambrogio Crespi ' Spes contra spem' che evidenzia le storture del fine pena mai. «Il superamento del 41 bis - dice D’Elia e l’abolizione dell’ergastolo, a partire da quello ostativo alla concessione di benefici penitenziari e misure alternative al carcere, sono nostri obiettivi prioritari, perché il carcere e la pena tornino a essere in Italia coerenti con il dettato costituzionale, volti cioè a recuperare le persone e a prepararle a un ritorno in società. L’uomo della pena non può essere pietrificato e marchiato a vita come l’uomo del delitto. Purtroppo, non nutro molta fiducia che questo Parlamento dei nominati dai partiti rimedi a leggi e armamentari speciali instaurati dal “partito unico dell’emergenza” che ha dominato in Italia per decenni e che ha alimentato e si è alimentato di ogni tipo di emergenza. Con Nessuno tocchi Caino e con il Partito Radicale stiamo operando per adire alle massime magistrature, nazionali e sovranazionali, contro le norme dell’articolo 41 bis sul carcere duro e dell’art. 4 bis sui reati ostativi, stabilite entrambe un quarto di secolo fa e mai messe in discussione se non per aggravarle. Abbiamo iniziato a raccogliere nelle sezioni di massima sicurezza le firme individuali dei detenuti che ci danno il mandato, assistiti dallo studio del professor Andrea Saccucci, di ricorrere in sede Onu al Comitato Diritti Umani e al Comitato contro la Tortura. Sarà, di fatto, la più grande “class action” che partirà dalle sezioni di alta sicurezza di Voghera, Secondigliano, Opera e Parma sul “caso Italia” relativo ai trattamenti inumani e degradanti riservati ai detenuti sottoposti al carcere duro e all’ergastolo senza speranza».