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Nonostante i tentativi di distensione operati dal premier Giuseppe Conte, il Mes continua a dividere le forze politiche della maggioranza, questa volta in terra europea. Al Parlamento europeo, oggi, si è votato sulla risoluzione in materia di risposta europea alla crisi del coronavirus, che contiene anche il testo in materia di attivazione del Mes e dei “recovery bond”. Come da pronostico, a votare a favore sono state le delegazioni del Partito Democratico, Italia Viva e Forza Italia (sul fronte dell’opposizione). La delegazione del Movimento 5 Stelle, invece, si è spaccata: gran parte della delegazione si è astenuta, mentre tre deputati (Corrao, D’Amato e Pedicini) hanno votato contro, come hanno fatto anche - prevedibilmente - Lega e Fratelli d’Italia. La risoluzione è passata a larga maggioranza, ma i voti italiani avranno evidenti ripercussioni sul dibattito interno nel nostro Paese, dove proprio ieri il capo politico del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, è tornato ad affrontare il tema. «Il mandato del presidente Conte è molto chiaro: deve riuscire a ottenere uno strumento che consenta all’Europa, in maniera condivisa, di affrontare questa crisi. Quindi, emissione del debito condiviso ma insistere anche perché la Bce svolga un ruolo molto più incisivo con maggiori emissioni. Il Mes è uno strumento inadeguato, non c’è neanche bisogno di dire “no al Mes”. Mi sembra anche anacronistico parlarne», sono state le considerazioni di Crimi, che è tornato sulle posizioni barricadere iniziali incurante dei venti di burrasca che soffiano su Conte. A esplicitarli è stato il segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova, che ha parlato di «maggioranza che su questo voto decisivo si è sciolta, visto che solo Pd e Italia Viva hanno votato a favore. Il M5S, che aveva votato contro i paragrafi su Mes e recovery bonds, si è diviso tra astenuti e contrari sul voto complessivo». Che la situazione rimanga precaria sul fronte di palazzo Chigi lo certifica anche il fatto che Conte è ormai rassegnato a partecipare al Consiglio europeo del 23 aprile senza l’avvallo del Parlamento. Nei giorni precedenti, infatti, il premier si presenterà alle Camere con una informativa che però non prevede alcun voto parlamentare. Un escamotage studiato dalla maggioranza sempre più divisa, che così non corre il rischio di indebolire ulteriormente la legittimazione del presidente del Consiglio. In questo modo, però, Conte arriverà a Bruxelles in una situazione di debolezza oggettiva e dovrà essere abile nell’arte del barcamenarsi. Eppure il nodo Mes prima o poi arriverà al pettine e allora la sintesi andrà trovata. Oppure no.