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Il legale tedesco Wolfgang Kaleck ha contribuito a provocare cambiamenti una volta inimmaginabili come l’abolizione retroattiva delle amnistie in molti Paesi sudamericani e la condanna di capi di Stato. Il suo cliente più famoso: Edward Snowden.
Alcune autobiografie di avvocati sono state lette e tradotte come romanzi. Quella dell’avvocato- attivista tedesco Wolfgang Kaleck ( di recente vincitore del premio M. C. Bassiouni per la sua attività per i diritti umani), dopo l’edizione tedesca, è ora pubblicata in inglese ( W. Kaleck, Law versus power. Our global fight for human rights, Or Books 2018).
Già dal titolo, Il diritto contro il potere, il libro non nasconde la sua essenza militante. Nella prefazione all’edizione inglese, Edward Snowden, di cui Kaleck è l’avvocato, scrive dal suo esilio di Mosca: «Quando arriverà il giorno in cui la storia della nostra epoca sarà scritta non dai torturatori e dai loro apologeti, ma da coloro che non hanno mai abbandonato la promessa della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, Wolfgang Kaleck sarà uno degli autori principali. Fino ad allora, possiamo essere grati del fatto che abbia deciso di scrivere questo resoconto delle sue battaglie» . Al di là di una certa retorica che contraddistingue sempre Snowden, la sua definizione del lavoro di Kaleck è corretta: è una storia di battaglie, cercando di usare il diritto in modo nuovo per tutelare i più deboli e combattere l’impunità.
Il lettore viaggerà per i cinque continenti, incontrando vittime di orrori della storia, artisti, attivisti; si tratta però soprattutto un percorso di formazione di un giovane avvocato, che si chiede come coniugare le sue conoscenze tecniche con l’ambizione di dare un contributo per cambiare le cose. E lo fa esplorando vie giuridiche inedite, che hanno portato Kaleck, dal suo praticantato in un piccolo studio legale nell’eccitante clima della Kreuzberg anni ‘ 90, a fondare lo European Center for Constitutional and Human Rights ( ECCHR), dove avvocati e attivisti di tutto il mondo convogliano con lo stesso spirito.
Sono molte le storie raccontate, partendo da discussioni giovanili mosse dalle teorie di Michel Foucalt, Otto Kirchheimer, Georg Rusche. Sarà dopo aver letto il teorico postcolonialista Makau Mutua, che Kaleck decide che gli attivisti occidentali non possono limitarsi a contribuire alla lotta all’impunità dei torturatori del Sud del mondo, ma devono guardare ai complici di casa loro. Si aprono così casi come quello che ambiva a mettere in luce connivenze della Mercedes nella repressione, da parte dei militari in Argentina, dei dipendenti di sinistra della fabbrica locale del colosso tedesco. O ancora, la denuncia presentata in Svizzera contro la Nestlé, per aver omesso di intervenire in relazione all’omicidio di Luciano Romero, sindacalista in una fabbrica colombiana.
La dimensione politica è dichiarata: «Non crediamo di poter cambiare il mondo solo con le azioni legali – si legge – vediamo il nostro lavoro più come un intervento politico e giuridico che a volte poterà i suoi frutti solo più avanti. Per farlo, ci servono nuove pratiche giuridiche». E dal diritto penale si passa sempre di più a coinvolgere il diritto civile e soprattutto commerciale. E’ infatti vero che ad oggi non esiste una responsabilità penale internazionale degli enti collettivi, ma quando si riesce a far percepire la violazione dei diritti umani come un costo per l’impresa – a cominciare dall’ immagine – si fa un importante passo contro l’impunità. Si torna poi ancora al penale, con i tentativi di usare la giurisdizione universale per i crimini del Sudamerica, fino alle celebri denunce in Germania contro Donald Rumsfeld in riferimento alle torture perpetrate dai soldati statunitensi ad Abu Ghraib e poi a Guantanamo, dando prova del suo diretto coinvolgimento nell’organizzazione delle torture. Su consiglio di Henry Kissinger ( in passato destinatario di tentativi simili) Rumsfeld deciderà di non viaggiare più in Germania per paura di un processo.
Da un punto di vista strettamente giuridico, è un resoconto di battaglie per lo più perse. Come recita il titolo di uno dei capitoli, “Cadi di nuovo, cadi meglio”. Da un punto di vista politico, nel lungo termine, alcune di queste battaglie con la loro eco hanno forse dato dei contributi a lenti cambiamenti, prima inimmaginabili, come l’abolizione retroattiva delle amnistie in molti Paesi sudamericani, una crescente pressione sui leader politici, la condanna di capi di Stato ( Charles Taylor, Hissène Habrè), l’avvio, dal 2002, della farraginosa macchina della Corte Penale Internazionale ( pur con tutti i limiti e le critiche di cui è oggetto). Certo, la parte più difficile, quella su come tradurre tutto questo in diritto, non la si trova nel libro, ma nel lavoro quotidiano del centro berlinese.
Alla presentazione del libro al convegno annuale degli ECCHR Alumni, seguono racconti di altri avvocati, che in tutto il mondo intraprendono percorsi simili; segno che esiste un movimento più ampio. Nel meraviglioso documentario Silencio de Otros, prodotto da Pedro Almodovar, si racconta il tentativo di usare la giurisdizione universale in Argentina per perseguire i torturatori del Franchismo spagnolo. In Italia, si tengono in questi giorni le udienze di appello del processo “Condor” ( raccontato nel documentario La memoria del Condor di Emanuela Tomasetti). Tante piccole cose, come la denuncia presentata alla Procura di Roma dal centro di Kaleck ( con lo Studio Gamberini) chiedendo un’indagine per accertare le responsabilità penali dei vertici dell’UAMA ( autorità che autorizza le esportazioni degli armamenti) e dei vertici della società produttrice di armi RWM Italia S. p. A. in relazione all’uso di armi italiane nel conflitto in Yemen da parte dell’Arabia Saudita. Tante piccole cose che si muovono, senza sapere con che esito nel breve termine, e che possono costituire una via aperta, per tanti giovani avvocati.