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Quando lunedì scorso Carlos Ghosn ha fatto sapere di essere in Libano, nella sua lussuosa villa di Beirut, in Giappone la rabbia per i vertici della giustizia deve essere stata molta. L'ex Ceo di Nissan e Mitsubishi Renault, arrestato nel novembre del 2018 per evasione fiscale e altri illeciti finanziari ( si parla di 5 milioni di dollari finiti nelle sue tasche), è scappato in circostanza ancora da chiarire definitivamente e la sua fuga sta diventando un caso internazionale.
Ieri anche l'Interpol ha spiccato un mandato di cattura internazionale come confermato dal ministro della Giustizia libanese Albert Serhan. Nello stesso tempo le autorità giapponesi hanno fatto irruzione nella sua casa di Tokyo alla ricerca di elementi utili all'inchiesta. Gli ingressi infatti erano costantemente monitorati da telecamere a circuito chiuso.
Si tratta di una delle tante “limitazioni” alle quali era sottoposto l'uomo che si trovava in libertà vigilata dopo aver pagato una cauzione di 12,3milioni di euro in attesa di essere giudicato il prossimo autunno. Nel frattempo non aveva accesso a internet e non poteva più parlare con la seconda moglie Carol, di origine libanese, partita dal Giappone in aprile e sulla quale si appuntano diversi sospetti di complicità o addirittura di organizzazione della fuga. Ed è proprio dalla dimora di Ghosn che ha preso le mosse un piano che sembra quello di un film.
Durante i giorni di Natale infatti era stato concesso a Ghosn di ospitare un'orchestra di canti gregoriani, ma si trattava di veri musicisti? Il dubbio rimane visto che il tycoon sarebbe scappato nascosto dentro una della casse usate per trasportare gli strumenti. Troppo sorvegliato e conosciuto per uscire con le sue gambe ma capace di lasciare il Giappone a bordo di un jet privato. Anche in questo caso le ipotesi sono innumerevoli; Ghosn ha tre cittadinanze ( brasiliana, francese e libanese) ma i passaporti sarebbero stati in custodia presso il suo avvocato Junichiro Hironaka.
Il mistero si infittisce dunque e bisogna attendere la conferenza stampa in programma a Beirut la prossima settimana per sapere, forse, qualcosa in più. Al momento gli unici atti giudiziari concreti sono quelli attuati dalla Turchia, paese nel quale ha fatto scalo. Le autorità di Ankara hanno arrestato sette persone accusate di complicità tra cui quattro piloti di jet.
Ma al di là del procedimento giudiziario in Giappone, a questo punto improbabile visto che sia Libano che Francia non hanno accordi ufficiali di estradizione per i propri cittadini, a preoccupare sono le accuse che Ghosn ha lanciato verso Tokyo. L'ex numero uno di Nissan infatti non solo ha sempre negato le accuse ma ha parlato di un complotto per scalzarlo dalla sua posizione. Inoltre ha giustificato la sua fuga perché «tenuto in ostaggio da un sistema giudiziario giapponese truccato in cui si presume la colpa, la discriminazione dilaga e i diritti umani fondamentali sono negati». Per il primo ministro nipponico Shjnzo Abe il caso Ghosn è ormai una questione politica.