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In occasione della giornata dell’avvocato in Turchia, che si celebra il 5 aprile di ogni anno, il Consiglio Nazionale Forense ha curato la traduzione e la stampa in lingua italiana del Rapporto, aggiornato al febbraio 2020, dell’associazione Arrested lawyers Initiative sulla persecuzione di massa degli Avvocati in Turchia.
Nel rapporto sono documentati i 605 arresti e le 345 condanne arbitrarie per un totale di 2145 anni di prigione comminati agli avvocati turchi. Sono cifre drammatiche, riportate in copertina, della repressione contro gli avvocati. Colleghi ingiustamente strappati alle loro famiglie, agli amici, alla professione, alla libertà. Una realtà insopportabile. Anni di carcerazione preventiva subita senza avere delle accuse precise da cui difendersi, condanne pesantissime inflitte al termine di processi sommari, svolti al di fuori da ogni regola dello stato di diritto.
Il Consiglio Nazionale Forense, nella seduta del 17 gennaio scorso, ha proclamato, all’unanimità il 2020 “Anno dell’avvocato in pericolo nel mondo”. La delibera nasce dall’esigenza di tutelare la libertà e l’autonomia degli Avvocati, compito che la legge 247/ 2012, recante la nuova disciplina dell'ordinamento forense, attribuisce al C. N. F., ed è frutto dell’impegno profuso a livello internazionale per promuovere il rispetto delle convenzioni in tema di giusto processo e condizioni della detenzione, da parte degli Stati che le hanno sottoscritte, soprattutto quando imputati e/ o detenuti sono avvocati e le accuse nei loro riguardi sono connesse all’esercizio della loro professione.
In molti Stati la situazione è tale che gli avvocati subiscono intimidazioni, violenze e ingiuste condanne solo perché “colpevoli” di difendere in autonomia ed indipendenza i diritti dei loro assistiti e l’esercizio del diritto di difesa viene impedito, accusando ed arrestando gli avvocati con le medesime accuse mosse ai loro clienti.
Arrested lawyers Iniative denuncia la sistematica negazione del dissenso in Turchia, che passa attraverso il bavaglio agli avvocati. Il rapporto spiega come l’estrema genericità della formulazione di alcuni dei reati più comunemente contestati agli avvocati, tra i quali quello di promozione e partecipazione ad organizzazioni terroristiche armate, unitamente alla mancanza di capi di imputazione specifici da cui difendersi ed all’impossibilità di conoscere l’identità dei testi di accusa, rende impossibile qualsiasi tentativo di difesa effettiva. Basta un tweet oppure sottoscrivere un appello sui social critico verso il Governo per essere accusati e condannati. In mancanza di capi di imputazione specifici l’accusa si basa sui rapporti della polizia, spesso molto lunghi e di difficile lettura. L’identità dei presunti testimoni resta segreta e, quando vengono escussi a dibattimento con la loro voce è camuffata ed il volto nascosto. Il Consiglio Nazionale Forense ha partecipato, nell’ottobre dello scorso anno, ad una missione conoscitiva ( fact- finding mission) che si è svolta nel carcere di Sliviri, a 70 km da Istanbul, con la partecipazione di avvocati provenienti anche da altri Paesi europei, per chiarire le circostanze che hanno portato alle pesanti condanne, fino a 18 anni e 6 mesi, il 20 marzo 2019, di 18 avvocati turchi appartenenti all’associazione ÇHD, Çagdas Hukukçular Dernegi ( Progressive Lawyers Association), accertare le loro condizioni di detenzione e verificare le gravi violazioni dei principi della parità tra accusa e difesa e del giusto processo, sanciti dalle convenzioni internazionali, al termine di un dibattimento che, purtroppo, è stato emblematico delle violazioni dei diritti fondamentali in Turchia.
Alcuni di essi hanno fatto nelle ultime settimane un lungo sciopero della fame, attualmente solo sospeso, per chiedere il rispetto delle regole dello stato di diritto, fino allo stremo delle forze. La sciopero della fame, secondo le ultime notizie, è invece attualmente ancora continuato dall’avvocata Ebru Timtik, dal 3 febbraio 2020, e dal collega Aytac Unsal e si teme per la loro vita. A seguito dello Stato di pandemia per il Covid- 19 , dichiarato dall’organizzazione mondiale della sanità ( OMS), il 20 marzo u. s. il Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura ha raccomandato agli Stati membro, tra i quali la Turchia, di adottare tutte le misure necessarie per proteggere la salute dei detenuti e degli operatori penitenziari, raccomandando l’adozione di misure alternative alla detenzione.
Numerose associazioni internazionali hanno lanciato un appello affinchè il provvedimento di amnistia in Turchia, preannunciato dalle Autorità, si applichi anche ai numerosi avvocati, giornalisti, magistrati, professori universitari, arbitrariamente arrestati o condannati a pesanti pene detentive. Anche l’Osservatorio Internazionale degli Avvocati in pericolo ( OIAD), fondato nel 2016 dal C. N. F. insieme agli omologhi Ordini nazionali francese e spagnolo ed all’ordine degli avvocati di Parigi, ha richiesto la scarcerazione degli avvocati detenuti, sottolineando come occorra impedire la propagazione del virus nelle 375 carceri turche all’interno delle quali sono recluse circa 280 mila persone. L’OIAD sottolinea in particolare la presenza all’interno delle prigioni turche di donne incinte, e di ben 743 bambini ( dei quali 534 d a 0- 3 anni e 200 da 4- 6 anni). In questo periodo non è possibile a causa delle restrizioni compiere missioni di osservazione sul campo. Non si ferma però la mobilitazione internazionale per condannare ed esprimere solidarietà agli avvocati che vengono ingiustamente perseguitati nel mondo solo perché colpevoli di svolgere con coerente determinazione ed impegno il loro lavoro.
Il Consiglio Nazionale Forense e l’Oiad continuano a fare la loro parte affinchè il silenzio assordante che, in questo periodo di emergenza sanitaria, avvolge le nostre città di notte non spenga la nostra attenzione su quanti soffrono nelle carceri di tutto il mondo.
* Coordinatore commissioni Diritti umani e Rapporti Internazionali del C. N. F. V. Presidente dell’Osservatorio Internazionale degli Avvocati in Pericolo ( OIAD).