Con l’accordo raggiunto dai mediatori in Qatar nell'ultimissimo scorcio del suo mandato Joe Biden potrà brindare alla tregua nella guerra di Gaza. Solo che non si tratterebbe di una sua vittoria politica ottenuta in extremis ma dell'ultima sconfitta. La tregua nella guerra tra Israele e Hamas rappresenta infatti un successo colto da Donald Trump ancora prima di insediarsi per la seconda volta alla Casa Bianca.

Bibi Netanyahu ha concesso al suo amico Donald quello che aveva sempre negato a Biden al quale aveva anzi dispensato vere e proprie umiliazioni, anche a costo di rischiare la rottura con l'estrema destra che lo sostiene. Cosa abbia promesso Trump in cambio non è possibile saperlo ma si può star certi che qualche promessa e non di poco conto ci sia stata. Hamas ha temuto le minacce del futuro presidente molto più di quanto non si spaventasse per quelle, del resto inesistenti, del presidente uscente. Se questo basterà ad arrivare prima a una tregua e poi a una vera pace è incerto ma di sicuro il cambio della guardia alla Casa Bianca ha smosso profondamente le posizioni dei belligeranti.

Se la tregua sarà siglata davvero nel prossimo week-end, dunque alla vigilia dell'insediamento del 20 gennaio, per Trump sarà il miglior viatico immaginabile. Non solo dimostrerà di saper mantenere le promesse ma conquisterà posizioni agli occhi di un mondo che, data l'imprevedibilità dell'uomo, non sa bene cosa aspettarsi. Uno studio europeo sui dati di alcune dei principali sondaggisti rivela che la fiducia in Trump e le attese positive sono molto più alte nei Paesi emergenti che fra i tradizionali alleati degli Usa, la Ue, il Regno Unito, la Corea del sud. Ma sia gli ottimisti che i diffidenti parlano al buio, senza alcun elemento solido su cui basarsi. Trump è un enigma destinato però a essere sciolto molto presto. Salpare con la tregua a Gaza vorrebbe dire conquistare subito un credito d'immagine non solo nel mondo ma persino nell'opinione pubblica antitrumpista d’oltreoceano, estremamente sensibile al massacro di civili nella Striscia di Gaza.

La guerra in Ucraina, l'altra promessa “pacifista” del futuro presidente, rappresenta un nodo ancor più aggrovigliato. Ma anche su quel fronte una differenza nei toni è già palese. La strada è tutta in salita ma un po' meno di quanto non fosse tre mesi fa, anche se per Trump, nonostante i formidabili strumenti di pressione su Kiev di cui gli Usa dispongono, convincere l'Ucraina a cedere una parte del suo territorio, unica via per mettere fine alla guerra, non sarà a’Unione europea. Probabilmente Trump, tanto più se galvanizzato dal successo in Medio Oriente, tenterà di chiudere la partita già nei primi mesi del suo nuovo mandato.

Almeno sulla carta le posizioni delle due sponde dell'Atlantico sono molto distanti. Nonostante le dichiarazioni altisonanti dei mesi scorsi, che però fanno parte del personaggio, Trump dovrà decidere se muoversi cercando una linea comune con i Paesi dell’Ue o se procedere alla Caterpillar, da solo, mettendo la vecchia Europa di fronte al fatto compiuto e al ricatto di doversi eventualmente sobbarcare in misura molto più ampia che in passato il cospicuo peso economico del sostegno all'Ucraina.

La prova però sarà tale anche per i Paesi dell'Unione, molto meno monolitici di quanto non fingano di essere. Se non riusciranno ad assumere una posizione davvero univoca e compatta, il presidente degli Stati Uniti avrà i cancelli spalancati per cercare di intavolare rapporti bilaterali con le singole nazioni europee invece che con l'Unione, e per l'Europa questo sarebbe il colpo di grazia.

La prova sarà complessa per tutti ma per Giorgia Meloni un po' più che per chiunque altro. È stato detto e ripetuto, non senza ragione, che è lei oggi la leader più forte che ci sia in Europa: il che comporta onori ma anche molti oneri.

Soprattutto è la sola leader allo stesso tempo trumpista, sovranista ed europeista, intima dell'eminenza grigia della nuova Casa Bianca Elon Musk e radicalmente filo-ucraina.

Il filo della diplomazia tra Usa e Ue passerà molto per palazzo Chigi e l'inquilina dello stesso dovrà e potrà dimostrare di essere all'altezza del ruolo internazionale che cerca di ricoprire da quando guida il governo dell'Italia.