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Il procuratore dell'Aja Khan
La Corte penale internazionale ha assicurato massimo impegno per individuare e perseguire i responsabili di crimini contro l’umanità commessi a partire dal 2014 fino ai giorni scorsi, quando numerosi oppositori politici (si veda anche Il Dubbio del 10 settembre) sono stati incarcerati o costretti all’esilio per aver contestato l’esito delle elezioni presidenziali del 28 luglio. “Rispettate lo Stato di diritto”: è questo l’invito fatto direttamente dal procuratore della Cpi, Karim Khan, che ha affidato ad una nota alcune considerazioni in merito alla delicata situazione venezuelana. «È chiaro fin dall’inizio che il nostro lavoro non ritarderà gli sforzi per accertare le responsabilità riguardo alla situazione in Venezuela, sia attraverso nostre indagini sia attraverso altri sforzi genuini e reali», si legge nel documento dell’Ufficio del procuratore.
Dall’Aia Khan non fa nessun nome, ma il riferimento anche al candidato alle presidenziali del 28 luglio scorso, Edmundo González Urrutia, giunto in Spagna tre giorni fa grazie ad un salvacondotto, è chiaro. «Tutte le persone – ha aggiunto il procuratore della Cpi - devono essere protette contro le violazioni che possono costituire crimini ai sensi dello Statuto di Roma».
La presa di posizione del procuratore della Corte penale internazionale, seppur alquanto asettica, è giunta – con ogni probabilità – non a caso. Karim Khan si è ritrovato nel vortice delle polemiche negli ultimi giorni, dopo che il Washington Post ha pubblicato un articolo che indica alcuni possibili conflitti di interessi del procuratore dell’Aja. Sua cognata, la penalista Venkateswari Alagendra, ha fatto parte del team legale che ha difeso il governo di Maduro con la presentazione di un ricorso, poi respinto, davanti alla Corte penale internazionale per interrompere le indagini a carico del Venezuela su presunti crimini contro l’umanità.
Khan assicura trasparenza e imparzialità. Il codice di condotta dell’Ufficio del procuratore impone ai suoi componenti di astenersi da qualsiasi conflitto che possa sorgere, soprattutto in caso «interessi personali, compresi un rapporto coniugale, genitoriale o altro stretto rapporto familiare, personale o professionale con una qualsiasi delle parti». La Corte penale internazionale ha affermato che sta «monitorando attentamente» gli sviluppi della situazione in Venezuela e sta analizzando «in modo indipendente e imparziale» i presunti crimini anche perché, come ha rilevato il Washington Post, fino ad ora non sono state sollevate obiezioni e non sono stati consumati passaggi formali rispetto ad una ricusazione della cognata di Khan.
L’associazione “Abogados Venezuela” ( conta circa 350 avvocati) auspica che sulla vicenda si faccia chiarezza e che le questioni personali non offuschino il principale obiettivo: assicurare alla giustizia i responsabili delle repressioni ai danni degli oppositori politici e dei dissidenti. Nelle scorse settimane il rieletto presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, si è vantato dell'arresto di oltre 2000 persone, per lo più oppositori politici e manifestanti pacifici accusati di terrorismo. Le forze di sicurezza hanno addirittura fermato giovani minorenni ( pure alcuni ragazzini di tredici anni), come ha rilevato l’associazione per i diritti umani “Foro Penal”. Molti dissidenti sono reclusi nel famigerato Helicoide. Tra questi l’avvocato Perkins Rocha, consigliere giuridico della leader dell’opposizione, Maria Corina Machado.
Ieri, durante il question time alla Camera, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si è soffermato sulla crisi in Venezuela. Nel Paese sudamericano attualmente sono detenuti otto cittadini italo- venezuelani, mentre una cittadina italiana è sottoposta alla misura cautelare del divieto di espatrio, dopo essere stata arrestata e poi rilasciata in attesa di giudizio. Il responsabile della Farnesina ha ricordato che è stata istituita una task force permanente che «monitora la situazione nel Paese» e in cui «vengono seguiti i temi legati all’emergenza e vagliate iniziative a tutela dei cittadini».
È stato pure evidenziato l’impegno dell’ambasciata italiana, del consolato generale a Caracas e del consolato a Maracaibo, che «lavorano senza sosta per informare e assistere in tempo reale i cittadini nel Paese, soprattutto quelli soggetti a procedimenti limitativi della libertà personale». Le autorità hanno effettuato sei visite consolari a una cittadina italo- venezuelana, attualmente detenuta dalle forze di polizia nella città di Maracay. «C’è forte preoccupazione – dice Tajani - per la limitazione dei loro diritti alla difesa. Per questo, ho sollecitato l’incaricata d’affari del Venezuela, convocata alla Farnesina, a garantire visite consolari». L’ambasciata italiana a Caracas ha aderito alla richiesta europea di fare pressioni per la liberazione di tutti i prigionieri politici europei. Il ministro degli Esteri e vicepremier ha, inoltre, detto che intende recarsi presto in Argentina e Brasile, «due Paesi chiave del continente, anche nell’ottica della crisi venezuelana, che sarà al centro dei miei colloqui politici».