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FILE - Former President Donald Trump speaks during a press conference at 40 Wall Street after a pre-trial hearing at Manhattan criminal court, March 25, 2024, in New York. Trump got a break this week when an appeals court cut down the amount of money he needs to put up in order to pause collection of a huge judgment his New York civil fraud case. Monday's decision gives him 10 days to post a $175 million appeals bond or otherwise cover the sum. (AP Photo/Frank Franklin II, File)
«Dobbiamo fare in modo che l’America torni a pregare», ha detto Donald Trump prima di lanciare la sua Bibbia patriottica. Pochi giorni fa si era messo a pubblicizzare delle sneakers, scarpe da ginnastica dorate con una enorme T rossa sul calcagno, in vendita alla modica cifra di 399,9 dollari.
Adesso, in un video di tre minuti postato dal suo social personale, e subito rilanciato da tutti network americani, Donald Trump vende un altro tipo di prodotto: una Bibbia. La “God bless the USA Bible”, che si compra on line a 59,99 dollari, impacchettata nella bandiera americana, in appendice la Costituzione americana, il Bill of Right e il Pledge of Alliance.
Non si tratta di incassare royalities perché Trump non solo pochi giorni fa si è visto più che dimezzare dal tribunale l’ammenda di 464 milioni di dollari comminata per frode fiscale allo Stato New York, ma perché non ha particolare bisogno di soldi: ha dichiarato di disporre di una liquidità di mezzo miliardo di dollari, e la recentissima quotazione in borsa del suo social Truth lo ha riportato nella lista di Forbes dei 500 uomini più ricchi del mondo. Con un patrimonio personale che la rivista valuta in 2,5 miliardi.
Si tratta invece di un’operazione politica, legata alla campagna per le presidenziali americane, e che getta ulteriori ombre sul profilo del suo eventuale ritorno alla Casa Bianca. Perché quella particolare edizione della Bibbia contiene e porta con sé il terribile rischio di snaturare il fondamento costituzionale americano, contenuto nel Primo Emendamento, e che riguarda la separazione tra religione e Stato, e la libertà di professione religiosa ed espressione. Si tratta - e Trump lo sottolinea per bene, pubblicizzandola- della Bibbia di San Giacomo.
Che negli Stati Uniti non è semplicemente la versione ufficiale dei protestanti, e particolarmente degli anglicani: è soprattutto - e dagli anni Sessanta- il testo adottato dai suprematisti bianchi, a cominciare dal Ku Klux Clan. Per questo, e per le proteste degli altri autori della casa editrice, già nel 2021 la pubblicazione della “God bless the USA Bible” fu rifiutata da Harpers & Collins ( parte del gruppo Murdoch). Adesso, gli attivisti e i prelati cristiani - protestanti ed evangelici compresi- contestano come sacrilega la vendita per fini politici e in piena campagna elettorale. Anche perché Trump, nei tre minuti di spot, ne fa esplicitamente un tassello della sua propaganda MAGA, Make America Great Again: è Dio che ha scelto l’America, dice. Il nodo scoperto di questa mossa trumpiana è assai sensibile. Non solo perché potrebbe scatenare l’avversione degi americani di altra confessione, a cominciare dai cristiani non fondamentalisti. Soprattutto perché lede il principio cardine su cui si regge la federazione americana sin dal 1789. Per capirlo, basti considerare l’articolo 1 della Costituzione italiana. Come mai esso recita “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”? Perchè a seconda guerra mondiale finita il Paese era un cumulo di macerie - anche morali- abitato da cittadini per lo più affamati e senza reddito.
Negli Stati Uniti della fine del Settecento il problema dei Padri Fondatori era come tenere insieme e costruire una federazione nata da un nucleo di protestanti fuggiti dalle persecuzioni cattoliche in Europa, e che si erano poi combattuti in feroci guerre civili tra Stati, con una moltitudine di etnie “importate” da altri continenti - l’Africa, innanzitutto. Tenere insieme una moltitudine di etnie, e religioni, in modo che potessero ricono scersi in un’unico Stato federale: per questo la Costituzione americana stabilisce, innanzitutto, la separazione tra Stato e Chiesa e la libera espressione, quello che oggi chiamiamo “free speech”.
L’iniziativa di Trump, la Bibbia Nazionalista come arma di propaganda elettorale, va invece in direzione perfettamente contraria: indica la via di una religione di Stato. Obiettare che si tratta di un’iniziativa divisiva è un pallido eufemismo. Basti pensare che sì, è sulla Bibbia che i presidenti americani giurano il giorno dell’insediamento, ma mai nessuno di loro ha osato usarla per una photo opportunity.
Lo stesso Trump fu seppellito dalle critiche già quando, durante i giorni delle città in tumulto per l’uccisione da parte della polizia di George Floydd, se ne uscì dalla Casa Bianca assediata per l’appunto da una manifestazione di protesta proprio brandendo una Bibbia. E scatenando l’immediata reprimenda dei capi di tutte le confessioni religiose, protestanti, anglicane, evangeliche e naturalmente pure cattoliche, oltre che del capo della polizia di Washington. Adesso, in campagna elettorale brandisce nuovamente una Bibbia. E quella in versione nazionalista, cara al Ku Klux Clan, per giunta.