Già il fatto che a negoziare per Washington non ci siano Donald Trump e JD Vance crea tutt’altro clima, con i diplomatici di Kiev che possono togliersi l’elmetto senza paura di venire bullizzati in mondovisione. Ma la sostanza non cambia di molto: al vertice di Gedda l’Ucraina di Zelensky è arrivata comunque in condizioni di estrema debolezza, appesa alle condizioni e ai desiderata della Casa Bianca che spinge perché Kiev accetti di cedere territori alla Russia e soprattutto sottoscriva l’accordo per lo sfruttamento delle terre rare.

La strada sembra quella come dimostra la dichiarazione congiunta in cui Kiev accoglie la prima proposta americana per una tregua di 30 giorni nella guerra con la Russia mentre gli Stati Uniti ripristineranno la condivisione dell’intelligence con Kiev. «L’Ucraina ha espresso la disponibilità ad accettare la proposta degli Stati Uniti di emanare un cessate il fuoco immediato e provvisorio di 30 giorni, che può essere esteso di comune accordo tra le parti e che è soggetto all’accettazione e all’attuazione simultanea da parte della Federazione Russa. Gli Stati Uniti comunicheranno alla Russia che la reciprocità russa è la chiave per raggiungere la pace», si legge nel testo. Le due parti hanno anche concordato di concludere «il prima possibile» un accordo sullo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine.

Zelensky era volato in Arabia saudita per un colloquio con il principe Bin Salman il giorno precedente ma non ha partecipato all’incontro bilaterale, il primo dal “pestaggio” dello studio ovale. A trattare per l’Ucraina Andriy Yermak, capo di gabinetto della presidenza, accompagnato dal consigliere Pavlo Palisa, dal ministro degli Esteri Andrii Sybiha dal ministro della Difesa Rustem Umerov. Davanti a loro il segretario di Stato Marc Rubio e il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz incaricati, magari con metodi più morbidi, di ottenere gli stessi obiettivi enunciati dal presidente. Il rischio che gli Usa usino la tecnica del poliziotto cattivo e del poliziotto gentile era elevato, ma al momento per Kiev non sembrano esserci valide alternative.

Così, nonostante i rapporti di forza sbilanciati a favore dell’agenda americana, i negoziatori ucraini per la prima volta hanno esibito ottimismo venendo incontro alla tregua: «Il cessate il fuoco nella guerra scatenata dalla Federazione Russa contro il mio Paese non mi è mai sembrato così vicino, ci sono avanzamenti positivi» dichiara Yermak. Anche Waltz, intercettato dai giornalisti nella hall del Ritz-Carlton di Gedda, aveva parlato di «chiari progressi» e spiegando che «Kiev condivide la proposta di pace di Trump». A suggellare l’atmosfera di cooperazione un messaggio su X postato nel pomeriggio dallo stesso Yermak che mostra l’emoticon della stretta di mano accompagnata alle immagini delle due delegazioni parlando di «lavori in corso». «I colloqui stanno procedendo bene», aveva poi confidato agli inviati stranieri una fonte di Kiev.

Ora la palla sta alla Russia, che non era presente a Gedda. Mosca ha denunciato l’attacco di droni lanciato da Kiev martedì notte (il più esteso dall’inizio della guerra che ha ucciso tre persone), e reagisce bombardando diverse aree del Donetsk, nell’Ucraina orientale: almeno sei le vittime tra i civili, tra cui due bambini. Ma allo stesso tempo si prepara a un incontro con esponenti statunitensi che si dovrebbe tenere in settimana.

In tal senso Cremlino non conferma né smentisce le notizie sul possibile arrivo giovedì a Mosca dell'inviato di Donald Trump, Steve Witkoff, ma sottolinea che gli Stati Uniti in qualche modo informeranno Mosca dopo i colloqui in Arabia Saudita con la delegazione ucraina. È una triangolazione complicata ma necessaria. «Ovviamente, dal momento che sono il Paese che sta prendendo l'iniziativa di cercare una soluzione pacifica sull'Ucraina, gli Stati Uniti informeranno la parte russa sugli esiti dei colloqui con gli ucraini. Quando e come gli americani lo faranno, ve lo faremo sapere», spiega il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

La dichiarazione congiunta di Gedda dovrebbe in tal senso accelerare l’incontro. Intanto la Svezia lancia l’allarme, definendo la Russia «la minaccia numero uno alla sicurezza nazionale ed europea». Nel rapporto annuale del servizio di sicurezza svedese Sapo viene denunciato l’aumento delle attività dell’intelligence di Mosca mirata soprattutto a interferire nella coesione tra i membri dell’Alleanza Atlantica sul sostegno all’Ucraina e a eludere le sanzioni economiche dell’Occidente. E, nel caso particolare di Stoccolma si segnalano nell’ultimo anno diversi «incidenti» tra attacchi informatici, voli di droni su aree sensibili e i ripetuti sabotaggi ai cavi nel Mar Baltico.