«Per la cronaca, il governo della Groenlandia non ha esteso alcun invito per visite, né private né ufficiali» ha dichiarato Mute Egede, premier groenlandese uscente, alla notizia della visita, organizzata da parte dell’amministrazione statunitense.

Quella che doveva essere una visita di piacere, non certo per i groenlandesi, della second lady Usha Vance, si è trasformata in un’improvvisata senza invito di alcuni esponenti dell’amministrazione americana, tra cui il numero due della Casa Bianca, J. D. Vance. «Ho deciso che non volevo che Usha si divertisse così tanto da sola e quindi mi unirò a lei» ha spiegato il vicepresidente in un video, svelando poi la vera ragione del viaggio, pianificato per «dare un’occhiata a cosa sta accadendo con la sicurezza lì in Groenlandia, molti altri Paesi stanno minacciando la Groenlandia, hanno minacciato di utilizzare i suoi territori e le sue vie marittime per porre una minaccia agli Usa e al Canada» riferendosi probabilmente alla Cina, avversario di Mosca e Washington nella corsa alle rotte e risorse dell’artico.

A lui si sono uniti Micheal Waltz, segretario alla difesa, il segretario all’energia Chris Wright e il senatore repubblicano dello Utah, Mike Lee, da sempre sostenitore dell’annessione dell’isola agli Stati Uniti.

Usha Vance avrebbe dovuto partecipare, in compagnia di uno dei figli, a una serie di eventi culturali come la gara di slitte trainate dai cani e un tour della capitale Nuuk. Programma stravolto dall’aggiunta del marito e degli altri membri della delegazione. Gli abitanti della capitale hanno fatto sentire tutto il loro calore ai funzionari statunitensi, protestando per la presenza del vicepresidente e ribadendo il fatto che «l’isola non è in vendita».

La premier danese Matte Frediksen ha definito l’evento una «pressione inaccettabile», aggiungendo che «non si può condurre una visita privata con rappresentanti ufficiali di un altro Paese». L’itinerario è stato quindi modificato e fortemente ridotto da Washington, limitato all’ispezione della base aerea americana di Pituffik, già nota come Thule, nel nordovest dell’isola, parte del sistema di preallarme degli Stati Uniti. Una prima vittoria diplomatica per Nuuk e Copenaghen.

«È chiaramente una de-escalation, perché se vogliamo dirla in breve gli americani avevano un’idea di poter comprare anche la Groenlandia e non ci sono riusciti, poi c’era l’idea che i groenlandesi potessero essere convinti a mettersi a disposizione degli Stati Uniti ma non ci sono riusciti. Ed è così che si dovrebbe pensare a questa visita della second lady e di alcuni politici statunitensi di alto profilo alla società groenlandese» ha dichiarato Lars Rasmussen, ministro degli Esteri danese.

In risposta alle mire di Trump di prendere possesso della Groenlandia «in un modo o nell’altro», giovedì, cinque dei quattro partiti del territorio autonomo danese hanno deciso di formare un governo di coalizione, per dimostrare l’unità della popolazione dell’isola ad opporsi alle mire del presidente americano. L’unica formazione che non ha preso parte alla coalizione è Naleraq, partito populista, che vede con favore i piani espansionistici statunitensi, probabilmente ingolosito dalle promesse di ricchezza fatte dal Tycoon.

«Fino a poco tempo fa potevamo tranquillamente fare affidamento sugli americani, che erano nostri alleati e amici e con i quali ci piaceva lavorare a stretto contatto» ha dichiarato il premier Egede, «ma quel tempo è finito, dobbiamo ammetterlo, perché la nuova leadership americana è completamente e totalmente indifferente a ciò su cui siamo stati uniti finora, perché ora si tratta solo di prendere il controllo del nostro Paese sopra le nostre teste».

Sull’argomento è intervenuto anche Putin, che ha servito un assist a Trump: «Può sembrare sorprendente solo a prima vista e sarebbe sbagliato credere che si tratti di una sorta di discorso stravagante dell'attuale amministrazione statunitense» ha dichiarato durante il Forum artico internazionale di Murmansk. Il presidente russo ha anche accusato la Nato di cercare lo scontro nell’artico: «Siamo certamente preoccupati per i membri della Nato che descrivono l'Estremo Nord come una regione di possibili conflitti», ha proseguito, «la Russia non ha mai minacciato nessuno nell'Artico, ma seguiremo da vicino gli sviluppi e organizzeremo una risposta adeguata aumentando la nostra capacità militare e modernizzando le infrastrutture militari»