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Precisazione: Minniti non c’entra nulla (anche se c’ha messo mano un decennio fa da vice ministro con delega al coordinamento di tutte le polizie; Amato ministro e Prodi capo del Governo). L’Italia da un quarto di secolo si muove verso un progressivo incivilimento. Tutti i reati ( predatori, omicidi, omicidi di mafia) hanno subito una caduta netta. Nel 2015 ( ultimo anno per cui ci sono i dati) si sono registrate 0,65 morti violente per ogni 100mila abitanti. Difficile trovare una percentuale più bassa nel mondo di cui facciamo parte. Fino a un quarto di secolo fa (1991) si registravano circa 2000 omicidi l’anno, nel 2015 se ne sono avuti 469 (- 3,30% del 2014). Non si è trattato di un crollo improvviso ma di una progressiva diminuzione, un trend solidificato che ha visto scendere le morti violente. C’è da aggiungere che il trend, sia pure con minor nettezza rispetto all’Italia, ha investito tutto il mondo occidentale: Europa, Canada, Stati Uniti.
Il rapporto del Viminale al Parlamento (febbraio 2017) sui dati 2015 rispetto al 2014 elenca: violenze sessuali (- 6,04%), rapine (- 10,62%), furti (- 6,97%), usura (- 7,41%), sfruttamento prostituzione/ pornografia minorile (- 3,03%); invece, truffe e frodi informatiche (+ 8,82%), incendi (+ 30,33%), danneggiamenti (+ 1,96%), estorsioni (+ 19,67%). Gli omicidi sono stati 469, sedici in meno del 2014. Quelli mafiosi sono scesi da 51 a 49. E dalle statistiche non emerge il peso delle droghe leggere e della mancata liberalizzazione. Per esempio, il più 19,67 delle estorsioni è costituito in gran parte da quelle dei ragazzi contro genitori, nonni e parenti minacciati per i soldi della droga; e anche rapine e nei furti (che diminuiscono) appare questa componente: è il prezzo, altissimo, che paghiamo al proibizionismo (che il parlamento, in queste ore, sta rilanciando).
E i femminicidi? Giampiero Dalla Zuanna e Alessandra Minello, studiando i dati Unodc hanno concluso che «l’Italia è il paese sviluppato dove le donne corrono il minor rischio di essere uccise». Spiegano: «Nel periodo 2004- 2015 ci sono stati in Italia 0,51 omicidi volontari ogni 100mila donne residenti, contro una media di 1,23 nei 32 paesi europei e nordamericani per cui si dispone di dati Unodc». In Russia e Usa, per capire, il pericolo di essere ammazzate è quattro volte più alto che in Italia. Il rischio, rispetto alla media dei 32 paesi analizzati dall’Unodc, si abbassa nell’Europa meridionale e ci vede al 32esimo posto, fanalino di coda ( uno dei pochi fanalini di cui non vergognarci!) Naturalmente, non basta. E’ inaccettabile considerare fisiologici gli omicidi per quanto pochi siano. Né è tollerabile che vi siano donne che vengono uccise perché sono donne ( in maggioranza assoluta, 51%, dal proprio partner, nel 6% dall’ex, nel 20% dai parenti). E fanno bene i movimenti delle donne, anche in Italia, a mobilitarsi per chiedere maggiore attenzione. E’ invece vero, ed è fenomeno positivo, che la diminuzione dei morti ammazzati pare essere diventato un dato acquisito.
Il quadro descritto polverizza e rivela il carattere strumentale della teoria, alimentata dai signori della paura, per cui gli immigrati avrebbero fatto crescere la delittuosità in Italia. Negli ultimi dieci anni il paese ha conosciuto una crescita mai registrata di stranieri (ufficialmente 5mln e 14437; stimati, circa 6 milioni) e, nello stesso periodo, il trend dei reati, femminicidi compresi, ha continuato felicemente a decrescere. Questa è la realtà. Altra cosa la sua percezione che subisce pesanti manipolazioni indebolendo la lucidità necessaria per governare ancor meglio la sicurezza. Curiosamente, nel nostro paese, sono le donne straniere a rischiare più delle italiane ( e non perché uccise dai connazionali). Che tutto questo sia accaduto nel cuore della crisi economica più lunga dell’ultimo secolo appare miracoloso. Nessuna etnia straniera, inoltre, s’è imposta in Italia come cartello criminale autonomo ed egemone in un settore della malavita, né l’immigrazione ha fornito, se non in maniera marginale, manovalanza alle mafie, qualche spacciatore, un po’ di prostituzione. Secondo Pino Arlacchi, il sociologo che ha teorizzato la mafia imprenditrice, tutto ciò sarebbe accaduto non soltanto per l’alta capacità delle polizie italiane, a cui certamente va parte alta del merito, ma anche perché gli immigrati essendo già stati “vittimizzati dalle mafie dei paesi d’origine” e “sfruttati ferocemente dai trafficanti di esseri umani” in grande maggioranza si sono tenuti lontani dagli ambienti mafiosi.