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«Sono 1 milione 482 mila le persone risultate con IgG positivo, che hanno cioè sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2». È quanto emerge dai primi risultati dell’indagine di sieroprevalenza sul Sars-Cov2 condotta da ministero della Salute e Istat dal 25 maggio al 15 luglio. Si tratta del 2,5% della popolazione residente in famiglia (escluse le convivenze). Le persone che sono entrate in contatto con il virus «sono dunque 6 volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente durante la pandemia, attraverso l’identificazione del Rna virale, secondo quanto prodotto dall’Istituto Superiore di Sanità». I risultati presentati oggi «sono provvisori e sono relativi a 64.660 persone che hanno effettuato il prelievo e il cui esito è pervenuto entro il 27 luglio», precisa l’ Istat. La rilevazione si è inizialmente rivolta a una platea più ampia di cittadini residenti in Italia, ma la conduzione in condizioni emergenziali «non ha permesso di raggiungere completamente la numerosità originariamente programmata». Come già evidenziato dai dati ufficiali in tema di mortalità e dai livelli di infezione, «le differenze territoriali sono molto accentuate. La Lombardia raggiunge il massimo con il 7,5% di sieroprevalenza: ossia 7 volte il valore rilevato nelle regioni a più bassa diffusione, soprattutto del Mezzogiorno. Il caso della Lombardia è unico - sottolinea il report - da sola questa regione assorbe il 51% delle persone che hanno sviluppato anticorpi. D’altra parte in Lombardia, dove è residente circa un sesto della popolazione italiana, si è concentrato il 49% dei morti per il virus e il 39% dei contagiati ufficialmente intercettati durante la pandemia: in alcune sue province, quali ad esempio Bergamo e Cremona, il tasso di sieroprevalenza raggiunge addirittura punte, rispettivamente, del 24%e 19%». Dopo la Lombardia segue la Valle d’Aosta, con il 4%, e un gruppo di regioni che si collocano attorno al 3%: Piemonte, Trento, Bolzano, Liguria, Emilia-Romagna e Marche. Il Veneto è all’1,9% mentre otto Regioni, tutte del Mezzogiorno, presentano un tasso di sieroprevalenza inferiore all’1%,con i valori minimi in Sicilia e Sardegna (del gruppo fanno parte Puglia, Umbria, Basilicata, Campania, Molise, Calabria, Sardegna, Sicilia). Dal report invece non emergono differenze significative per quanto riguarda il genere. «Uomini e donne - rileva lo studio - sono stati colpiti nella stessa misura dal Sars-CoV-2 così come emerso anche da studi di altri Paesi. Per quanto riguarda l’età, è interessante notare come il dato di sieroprevalenza più basso sia riscontrabile per i bimbi da 0 a 5 anni (1,3%) e per gli ultra 85enni(1,8%), due segmenti di popolazione per età verosimilmente più protetti e, quindi, meno esposti durante l’epidemia».