Lo sciopero generale contro il governo ha paralizzato Israele, nonostante la conclusione sia stata anticipata di tre ore e mezza dopo l’intervento del tribunale del lavoro. Banche, scuole e università chiuse; strade bloccate e traffico in tilt. Voli cancellati nell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.

A Gerusalemme migliaia di persone si sono radunate per protestare all’esterno del luogo in cui si svolgeva la riunione del gabinetto di sicurezza. “Liberate gli ostaggi e liberiamoci di Bibi Netanyahu”. Questo hanno chiesto i manifestanti – circa 300mila - scesi nelle strade di Tel Aviv per protestare contro il lassismo e la protervia del primo ministro, ormai chiuso nella sua bolla di convinzioni: radere al suolo Gaza per sradicare Hamas, senza la minima considerazione del malcontento generale acuito dalle stragi del 7 ottobre 2023, con buona pace per la sicurezza e l’unità sociale.


A Tel Aviv sono state fermate sette persone con l’accusa di «violazione dell’ordine pubblico e ostacolo al traffico». Il Jerusalem Post ha dato la notizia secondo la quale diversi studi legali hanno annunciato che sosterranno le famiglie degli ostaggi di Hamas e i dimostranti che hanno partecipato alle proteste di domenica e allo sciopero generale di oggi. Il presidente dell’Israel Bar Association, Amit Becher, ha sostenuto le ragioni dello sciopero, evidenziando la vicinanza dell’avvocatura ai manifestanti. «Un passo necessario e morale», ha detto Becher, dopo aver preso parte alla manifestazione di domenica sera, a Tel Aviv.

Al tempo stesso, in un post pubblicato su X, si è espresso sulla decisione del tribunale del lavoro che ha ridotto la durata dello sciopero generale. «Come tutti quelli che da due anni lottano per la democrazia – ha scritto il rappresentante dell’avvocatura israeliana -, chiniamo sempre la testa davanti alla decisione della magistratura e accettiamo le sue decisioni, che ci piacciano o no. Questo è il principio numero uno che separa lo Stato di diritto dall’anarchia». Becher ha invitato a proseguire la mobilitazione per conseguire «una vera vittoria», consistente nel ritorno a casa di tutti gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. «Chiunque - ha aggiunto il presidente dell’IBA - cerchi di dare un colore politico alla protesta pecca contro lo Stato di Israele e contro la vita degli ostaggi di Gaza. Le nostre speranze non sono ancora perdute». Alcuni avvocati sono disponibili a difendere i manifestanti, in quanto ritengono che «la violenza della polizia stia superando ogni limite». Sono state annunciate «azioni legali contro gli agenti che hanno fatto uso illegale della forza».
Lo Stato d’Israele è sempre più diviso e il primo ministro, Benjamin Netanyahu, cerca comunque di andare avanti come un treno. Nel corso di una riunione del gabinetto di guerra, ha attaccato duramente i manifestanti. Lo sciopero generale è stato definito dal primo ministro “una vergogna”: «È come dire a Sinwar: “Hai ucciso sei persone, quindi ti sosteniamo”». Le persone nelle strade e nelle piazze non preoccupano affatto Bibi, il quale annuncia, dopo il recente ritrovamento dei corpi di sei ostaggi, ancora una volta una risposta ferma. «Chiaramente – ha detto Netanyahu -, chiederemo ad Hamas un prezzo per l’assassinio dei rapiti. Dobbiamo rimanere sull’asse Filadelfia. Questo è essenziale per la sicurezza di Israele. Se lo lasciamo, sarà difficile per noi poi tornare».
Sulla stessa linea il ministro degli Esteri, Israel Katz, secondo il quale Israele «risponderà con tutta la forza a disposizione», dopo il ritrovamento dei corpi di sei ostaggi uccisi da Hamas sulla Striscia di Gaza. Katz ha attributo ad Hamas tutte le responsabilità della morte degli ostaggi, «brutalmente giustiziati per instillare paura e cercare di fratturare la nostra società ».
Uno dei più autorevoli costituzionalisti israeliani, David Kretzmer della Hebrew University di Gerusalemme, esprime forti preoccupazioni per il presente e il futuro. «Purtroppo – dice al Dubbio Kretzmer - la situazione in Israele non sta migliorando ed è estremamente tesa. Oltre alla guerra a Gaza, al lancio di razzi in Israele dal Libano e alla prevista rappresaglia da parte dell’Iran, ora ci troviamo di fronte a una violenza crescente in Cisgiordania. Stiamo assistendo ad un dibattito vivace e, al tempo stesso, ad una grande divergenza di opinioni, ma Netanyahu manterrà il potere a qualsiasi costo, non importa cosa accada al nostro Paese. È triste che goda ancora del sostegno di una maggioranza parlamentare, che lo aiuterà a garantire i propri ristretti interessi. La guerra non è una soluzione per Israele, ma continuarla è nell’interesse di Netanyahu dato che quando finirà la richiesta di dimissioni e quella dell’istituzione di una commissione d’inchiesta diventeranno sempre più insistenti».

In merito alle proteste di questi giorni, Kretzmer non sfodera ottimismo: «Se le dimostrazioni e lo sciopero dovessero concludersi in un giorno o due, difficilmente scuoterebbero la presa sul potere del primo ministro. Se, invece, dovessero continuare, potrebbero avere qualche effetto sulla coalizione che lo sostiene. Una cosa è certa: Netanyahu non rinuncerà al potere a meno che non sia costretto a farlo».