Israele ha annunciato che il rilascio di 620 prigionieri palestinesi, previsto per sabato, è stato posticipato "fino a quando non sarà assicurato il rilascio dei prossimi ostaggi, e senza le cerimonie umilianti". La dichiarazione è arrivata direttamente dall'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha spiegato che il rinvio era necessario a seguito delle cerimonie che Hamas ha organizzato durante il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza. Le cerimonie, che prevedevano la pubblica esposizione degli ostaggi su un podio davanti alla folla, sono state interpretate da Israele come una forma di umiliazione nei confronti degli ostaggi stessi, nonostante le condizioni in cui Israele stesso rilascia i suoi prigionieri.

Il rilascio dei 620 prigionieri palestinesi doveva essere il più grande in un singolo giorno, come parte della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco. Tuttavia, le autorità palestinesi hanno confermato lo stop del rilascio “fino a nuovo avviso”, alimentando così le tensioni tra le due parti.

Le accuse di Hamas e la risposta israeliana

La decisione di Israele ha scatenato una dura reazione da parte di Hamas, che ha accusato il governo israeliano di voler eludere gli impegni previsti nell’accordo di tregua. In una dichiarazione ufficiale riportata da Al Jazeera, Hamas ha condannato il rinvio, affermando che Israele sta cercando di minare l’accordo di cessate il fuoco. Secondo Hamas, la cerimonia di rilascio degli ostaggi non costituisce un'umiliazione, ma rappresenta piuttosto un "nobile trattamento umano" riservato ai prigionieri.

Il gruppo islamista ha chiesto ai mediatori internazionali di intervenire per fare rispettare i termini dell'accordo, e ha avvertito che il rinvio potrebbe mettere a rischio la continuità della tregua.

L’operazione in Cisgiordania e il ritorno dei carri armati

Mentre la tensione cresce tra Hamas e Israele, anche in Cisgiordania la situazione si fa sempre più critica. L'esercito israeliano ha confermato il dispiegamento di carri armati nell'area di Jenin, un'operazione che segna la prima volta dal 2002, durante l’Operazione Scudo Difensivo, che i tank israeliani sono stati inviati in Cisgiordania. L’intensificazione dell’operazione antiterrorismo in corso nella regione ha visto l’ingresso delle truppe della Brigata Nahal e dell’Unità Duvdevan, che stanno agendo in diversi villaggi intorno a Jenin. Al contempo, un plotone della 188ª Brigata corazzata si sta preparando a muoversi verso la città.

Secondo i media palestinesi, tre carri armati sono già visibili nella zona, aumentando la preoccupazione per un'escalation della violenza, soprattutto considerando che da gennaio in Cisgiordania si sono registrati continui scontri tra le forze israeliane e i militanti palestinesi.

Le prospettive di pace sempre più lontane

Con il rinvio del rilascio dei prigionieri e l'escalation in Cisgiordania, le prospettive di una risoluzione pacifica sembrano sempre più lontane. La comunità internazionale esprime preoccupazione per la stabilità della tregua, mentre entrambe le parti continuano a rinfacciarsi reciproche violazioni degli impegni presi. Israele, da parte sua, si prepara a un rafforzamento della sua presenza militare nella regione, con le forze di difesa israeliane pronte a rimanere anche per un lungo periodo in Cisgiordania.

In questo contesto di accuse e violenze continue, l’accordo di cessate il fuoco appare sempre più fragile, e la possibilità di una pace duratura sembra ancora un obiettivo difficile da raggiungere.