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Non è stato un incidente o un episodio fortuito ma un atto deliberato che potrebbe avere gravissime conseguenze diplomatiche nel già turbolento rapporto tra lo Stato ebraico e la comunità internazionale. L’esercito israeliano, impegnato nel sud del Libano, ha infatti colpito a più riprese il quartier generale dell’Unifil, ferendo due caschi blu indonesiani e danneggiando due basi italiane.
La notizia è stata diffusa dagli stessi portavoce della missione di pace delle Nazioni Unite: «Questa mattina due peacekeeper sono rimasti feriti dopo che un tank Merkava delle Idf ha aperto il fuoco contro una contro una torretta di osservazione al quartier generale di Unifil a Naqoura, colpendola direttamente e provocandone la caduta. I soldati delle Idf hanno sparato anche contro una posizione a Ras Naqoura, colpendo l'entrata del bunker in cui i peacekeeper si rifugiavano e danneggiando mezzi e sistema di comunicazioni. Un drone delle Idf è stato visto volare all'interno della posizione Onu» si legge in una nota che non è stata smentita dalle autorità israeliane.
Da giorni l’Unifil protesta formalmente per le incaute manovre dell’Idf attorno al suo quartier generale che sorge nell’area di Maroun al-Ras dove sono presenti manche migliaia di miliziani di Hezbollah, denunciando l’escalation bellica lungo la cosiddetta “linea blu” e i rischi a cui è ormai esposta la missione Onu. Rischi che si sono puntualmente materializzati con l’attacco alle basi. Durissima la presa di posizione dell’Onu che accusa Israele di «gravi violazioni del diritto umanitario e della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza».
Sulla vicenda è intervenuto l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, per il quale «con questo atto inammissibile e ingiustificabile è stata varcata una nuova linea in Libano». Stessa musica da Madrid che, tramite il ministro degli Esteri José Manuel Albares ricorda che «Israele ha il dovere di proteggere le forze di mantenimento della pace in Libano». Mentre l’Irlanda rammenta all’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu che «la divisa dei caschi blu è sacra
Ma la reazione più stizzita sembra quella del governo italiano. Il Comandante del settore ovest di Unifil, generale Messina, ha avuto un colloquio telefonico con la premier Giorgia Meloni, precisando che nessun soldato del nostro contingente è rimasto ferito. Palazzo Chigi ha in ogni caso protestato con le autorità israeliane, puntualizzando che i caschi blu italiani «continueranno a prestare un’opera preziosa per la stabilizzazione dell’area e per la cessazione delle ostilità, in aderenza al mandato delle Nazioni Unite».
Il ministro della Difesa Guido Crosetto è andato oltre, impiegando espressioni ancora più forti, evocando addirittura la possibilità che l’attacco contro i compound dell’Unifil costituisca «un crimine di guerra». Poi ha tuonato «L’Italia non prende ordini da Israele». Nel primo pomeriggio Crosetto aveva convocato d'urgenza nella sede del Ministero l'ambasciatore israeliano, per un colloquio e ha telefonato al suo omologo di Tel Aviv. «Già dalle prime ore di questa mattina ho contattato il Ministro della Difesa Israeliano, Yoav Gallant, per protestare con lui e ricordargli in modo fermo che quanto sta avvenendo nei pressi delle basi italiane di Unifil nel Sud del Libano e, in generale, verso il contingente Unifil a partire dagli spari contro il quartier generale di Unifil è, per me e per il governo italiano, inaccettabile», ha concluso Crosetto.
Parigi e Roma hanno intanto deciso di convocare una riunione tra i paesi europei che contribuiscono alla missione Unifil (Italia, Francia, Spagna e Irlanda) che si terrà la prossima settimana in videoconferenza. L’escalation israeliana nello scenario libanese, al netto dell’attacco alle basi Unifil, preoccupa non poco il principale alleato di Israele, gli Stati Uniti, che ancora ieri sono intervenuti chiedendo a Tel Aviv di non trasformare il sud del paese arabo in una nuova Striscia di Gaza.
Il Presidente Biden ha ribadito il diritto di Israele a proteggere i suoi cittadini dalle milizie di Hezbollah, che negli ultimi mesi ha sparato migliaia di missili e razzi su Israele solo nell’ultimo anno, sottolineando però la necessità di ridurre al minimo i danni ai civili, in particolare nelle aree densamente popolate di Beirut.
L’inquilino della Casa Bianca ha anche discusso la situazione umanitaria a Gaza e l’imperativo di ripristinare l’accesso al nord, tra cui il rinvigorimento immediato del corridoio dalla Giordania. Biden e Netanyahu hanno concordato di rimanere in stretto contatto nei prossimi giorni sia direttamente sia attraverso le loro squadre nazionali di sicurezza.
Secondo i media americani la rappresaglia di Israele sarebbe imminente anche se pare sia scongiurato il bombardamento dei siti nucleari di Teheran. Gli obiettivi più plausibili sono gli impianti petroliferi, le basi e i depositi militari della repubblica sciita.