Sul caso della studentessa iraniana arrestata per essersi spogliata all’Università in segno di protesta contro l’obbligo di portare il velo parte la mobilitazione degli attivisti per i diritti umani. Che chiedono alle autorità iraniane di rilasciare la ragazza, mettendo in dubbio le voci sui presunti disturbi della giovane. L’Università Azad di Teheran, infatti, ha affermato che la donna soffre di un “disturbo mentale” ed era stata portata in un “ospedale psichiatrico”.

I fatti

Il gesto della giovane iraniana ha fatto subito il giro del mondo: dopo essere stata ripresa dalle autorità universitarie per non aver indossato l’hijab, ha deciso di spogliarsi, rimanendo in intimo nel cortile dell'ateneo. Il video dell'episodio, girato da una finestra dell’università, è stato pubblicato sui social, diventando subito virale. In rete è stato pubblicato anche il video in cui si vedono uomini in abiti borghesi che si avvicinano e la trascinano in un'auto. Secondo alcune ricostruzioni la giovane sarebbe stata picchiata durante l'arresto. 

Una ragazza iraniana si è spogliata per protesta all’Università di Teheran, dopo essere stata ripresa dalla polizia dell’ateneo per via del suo abbigliamento ritenuto non idoneo, visto che non indossava l’hijab. Come segno di protesta la giovane si è quindi tolta i vestiti, rimanendo in intimo nel cortile dell’ateneo. La scena è stata ripresa in un video da una finestra dell’ateneo.

Il gruppo studentesco Amir Kabir Newsletter, molto attivo su Telegram, ha spiegato che la giovane ha reagito in questo modo dopo aver subito molestie da parte delle forze di sicurezza per via del suo abbigliamento. Le guardie le avrebbero strappato gli abiti e insistito sul rispetto del "codice".

Amir Mahjoub, Direttore delle relazioni pubbliche dell’Università islamica, ha commentato l'episodio sui social: "A seguito di un atto indecente da parte di una studentessa della Science and Research Branch dell'università, la sicurezza del campus è intervenuta e l’ha consegnata alle autorità di polizia".

La mobilitazione internazionale

“Quello di Ahou Daryaei, la studentessa di Letteratura francese dell'università Azad di Teheran, è solo l'ultimo caso - in questo caso, diventato molto virale - di una protesta delle ragazze e delle donne iraniane contro la discriminazione di sistema che impatta su molti aspetti della loro vita”, spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, sottolineando che ''c'è preoccupazione per le notizie circa un pestaggio subito da Ahou Daryaei al momento dell'arresto e si teme che possa essere stata destinata a uno dei cosiddetti 'corsi di rieducazione' (un termine eufemistico che sarebbe meglio tradurre con 'luoghi di tortura') come quello cui venne destinata Mahsa Jina Amini nel settembre 2022 e sappiamo com'è andata”. 

“Le autorità iraniane - prosegue Noury - hanno già fatto partire la 'narrazione ufficiale': una ragazza con problemi di salute mentale allontanata dall'aula perché stava scattando foto e video e ricoverata per cure in un ospedale psichiatrico. Le testimonianze 'ufficiali', riprese anche dai media italiani, non raccontano cosa sia avvenuto fuori dall'aula. A quello hanno provveduto, alimentando mille preoccupazioni per il destino della ragazza, le attiviste e le organizzazioni per i diritti umani”.

Narges Mohammadi, l’attivista iraniana premio Nobel per la pace, attualmente detenuta in Iran, si è detta seriamente preoccupata per il caso. “Le donne pagano il prezzo della ribellione, ma non ci pieghiamo alla forza”, ha affermato. “La studentessa che ha protestato all'università ha trasformato il suo corpo, a lungo usato come arma di repressione, in un simbolo di dissenso. Chiedo la sua libertà e la fine delle molestie alle donne”. 

“Quando ho protestato contro l'obbligo dell'hijab, dopo che le forze di sicurezza mi hanno arrestata, la mia famiglia è stata costretta a dichiararmi malata di mente”, racconta sui social l'attivista per i diritti delle donne residente in Canada, Azam Jangravi, fuggita dall'Iran dopo essere stata condannata a tre anni di prigione per essersi tolta il velo durante una protesta nel 2018.