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«Il fatto che un aereo di linea che trasportava persone di diverse nazionalità, in particolare iraniani, sia stato abbattuto per errore, è stato inaspettato anche per noi. Mai avremmo pensato che potesse verificarsi un simile errore». Parole pronunciate ieri dal presidente iraniano Hassan Rohani che chiudono, da un lato, il capitolo riguardante le responsabilità dell'abbattimento del Boeing 737 dell'Ukraine International Airlines ( che ha provocato 176 morti) , ma che dall'altro portano alla luce lo scontro all'interno del regime degli Ayatollah.
Per Rohani infatti «le persone che hanno commesso l'errore sono le stesse che stanno lavorando per la sicurezza del Paese» conseguentemente dunque «le forse armate devono scusarsi per il disastro aereo». Una presa di posizione di non poco conto che dice molto sulle posizioni che si fronteggiano a Teheran.
Immediatamente dopo che, il 15, gennaio, è circolata la notizia della tragedia rilanciata dai media occidentali, il governo ha innalzato un muro apparentemente compatto rifiutando qualsiasi responsabilità.
Una resistenza durata poco tempo, giovedì scorso infatti diversi paesi, incluso il Canada, che aveva a bordo 57 cittadini, hanno dichiarato di avere le prove su chi avesse lanciato uno o due missili contro il velivolo.
Accuse poi successivamente suffragate da alcuni video. Il giorno seguente le ammissioni inevitabili dei vertici iraniani. A questo punto sono però cominciati i “distinguo” interni; per il generale di brigata Amir Ali Hajizadeh, comandante aerospaziale delle Guardie rivoluzionarie, la colpa ricadrebbe su un singolo operatore che avrebbe scambiato l'aereo per «un missile da crociera» e che funzionari del governo erano stati avvisati poco dopo.
Ricostruzione smentita dal ministro degli Esteri Javad Zarif il quale ha ribadito come sia lui che Rohani fossero stati inconsapevoli dell'accaduto.
Il responsabile della politica estera iraniana in viaggio verso l'India ha ribadito alla televisione di Stato la trasparenza che le autorità iraniane hanno adottato in questa disastrosa vicenda: «Io e il presidente non sapevamo e, non appena l'abbiamo fatto, l'abbiamo comunicato». Anzi il presidente della Repubblica islamica Rohani è intervenuto anche due giorni fa, affermando che la vicenda sarebbe stata supervisionata da «un tribunale speciale» visto che il fatto coinvolgerebbe più di una singola persona «che ha premuto il grilletto». Non sono da escludere in tal senso epurazioni e punizioni esemplari.
La preoccupazione è quella di andare a fondo e in fretta, il tentativo iniziale di insabbiamento ha infatti provocato massicce proteste popolari a Teheran, represse duramente dalle forze di sicurezza e che avrebbero portato almeno trenta persone in carcere.
Si vuole impedire che le voci critiche arrivino a coinvolgere nella bagarre la guida suprema Alì Khamenei il quale, non a caso, per la prima volta dal 2013 guiderà le preghiere del venerdì nella capitale nel tentativo di smorzare la tensione ormai salita alle stelle.
Intanto è giallo sulla sorte della persona che ha girato il video che testimonia l'abbattimento del Boeing 737 ucraino da parte dei Pasdaran. Le Guardie Rivoluzionarie affermano di averla arrestata e che ora dovrà rispondere ad accuse pesantissime, come l’aver messo a repentaglio la sicurezza nazionale.
Versione però smentita da un giornalista iraniano di base a Londra il quale, come riporta la Bbc, ha invece reso noto che la sua fonte sarebbe al sicuro e che le autorità avrebbero fermato la persona sbagliata, ammesso che abbiano realmente fermato qualcuno. Insomma, nonostante la confessione, il giallo rimane.