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Sulle giornate di protesta, che hanno incendiato l'Iran tra il 15 e il 18 novembre, scaturite dall'intenzione annunciata di aumentare del 300% i prezzi dei carburanti ( come misura per contrastare le sanzioni Usa), le notizie hanno faticato molto a bucare la cortina della censura di Stato.
Ieri però un rapporto pubblicato da Amnesty International ha cercato di rendere noti dati che parlano di una fortissima repressione.
Secondo l'organizzazione a difesa dei diritti umani infatti le vittime sarebbero state almeno 304, tra questi sono caduti sotto i colpi di arma da fuoco delle forze di sicurezza anche 12 bambini e 13 donne.
Ma è stato il periodo successivo alle manifestazioni quello più duro.
Il regime degli Ayatollah infatti avrebbe messo in atto una campagna di arresti su larga scala. In carcere sarebbero finite almeno 7mila persone e per un'intera settimana la rete Internet è stata bloccata per impedire la diffusione di notizie e la possibilità di organizzare ulteriori proteste. Per il direttore delle ricerche di Amnesty in Medioriente e nell'Africa del Nord, Philip Luther «le forze di sicurezza iraniane hanno aperto il fuoco contro manifestanti disarmati che non rappresentavano alcun rischio» .
Amnesty, a seguito dei nuovi dati, ha fatto appello alla comunità internazionale affinchè vengano presi provvedimenti ( di natura non specificata) e a convocare una riunione straordinaria sulle violazioni dei diritti umani in Iran «per avviare un' inchiesta sull'uccisione fuorilegge di manifestanti, sull'onda orribile di arresti, sulle sparizioni forzate e sulle torture ai danni dei detenuti».
In realtà già all'inizio di dicembre l'Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, si era detta allarmata dalla «continua mancanza di trasparenza sulle vittime e sul trattamento di migliaia di detenuti» sollecitando «indagini immediate, indipendenti e imparziali su tutte le possibili violazioni».
Le evidenze di una repressione indiscriminata erano state mostrate da alcuni video nei quali si vedevano i membri della poizia sparare dal tetto di un edificio del dipartimento di Giustizia e da alcuni elicotteri che sorvolavano i cortei.
In altre parole – aveva detto la Bachelet - «sparavano per uccidere» . Fino ad ora il governo iraniano si è sempre limitato a riconoscere solo la morte di alcuni manifestanti ma non ha mai fornito cifre ufficiali sul numero vittime.