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A causa del sovraffollamento, in diversi istituti penitenziari diventa sempre più difficoltoso attuare l’isolamento sanitario per 14 giorni nei confronti dei detenuti “nuovi giunti” come prevede il protocollo. Ma non solo.
A tutto ciò si aggiunge un altro grande problema che rischia non solo di vanificare il lavoro di alcuni istituti dove ancora è possibile applicare il protocollo, ma anche di veicolare potenziali infettati dal virus Covid 19. Parliamo dei trasferimenti dei detenuti e agenti da un carcere all’altro. Ancora più preoccupante se tali trasferimenti provengono da quelle carceri dove si sono verificati episodi di contagio. C’è l’esempio del carcere di Sollicciano dove, per ora, i medici della Usl riescono ad attuare, passo dopo passo, il protocollo sanitario. Ma nonostante il decreto del 17 marzo i trasferimenti continuano, il rischio di vanificare tutto il lavoro si fa sempre più concreto. Una gestione, quella dei trasferimenti, che potrebbe mandare in tilt l’organizzazione interna degli istituti: diventerebbe impossibile gestire il protocollo per mancanza di spazi di manovra nello spostamento e isolamento sanitario dei contagiati con il risultato che potrebbe scoppiare un vero e proprio focolaio epidemico comunitario.
Il carcere di Sollicciano rientra tra i più virtuosi per quanto riguarda l’organizzazione interna. Finora i medici riescono ad isolare i “nuovi giunti” o chi presenta sintomi. Ma sono cominciati ad arrivare nuovi detenuti da altri istituti e il sistema comincia a scricchiolare.
C’è un caso emblematico. Un medico del carcere di Sollicciano, raggiunto da Il Dubbio, racconta che qualche giorno fa è giunto un detenuto dal carcere di Pisa, dove si sono verificati casi di contagio. Il recluso è stato trasferito nonostante si sia presentato con 38,5 di febbre. Teoricamente non risulta infetto perché era stato sottoposto al tampone ed è risultato negativo.
Ma quindi che problema c’è? «Non vuol dire niente – spiega il medico -, perché i tamponi hanno un 30% di falsi negativi. Ci sono persone in terapia intensiva con tamponi faringei negativi, ma ovviamente trattate come Covid, che magari quando gli fanno un lavaggio e aspirazione bronchiale risultano positivi». Il medico sottolinea anche il fatto che potenzialmente possono rimanere contagiati anche gli agenti che effettuano la traduzione dei detenuti.
Cosa fare? «Per prima cosa bloccare qualsiasi trasferimento!», suggerisce senza mezzi termini il medico del carcere.
Per ora a Sollicciano ancora si riesce a garantire l’isolamento sanitario, ma fino a quando se dovessero continuare a giungere i detenuti provenienti da altri Istituti?
Ma questo è un problema che riguardano anche le altre carceri. I trasferimenti di detenuti e agenti che provengono soprattutto da quelle regioni maggiormente colpite dal Coronavirus, vuol dire far veicolare potenzialmente il virus da un carcere all’altro. In assenza di un intervento rapido ed efficiente, nel giro di due settimane la situazione potrebbe sfuggire di mano. Forse sarebbe il caso di prevenire prima.