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Un atto di accusa durissimo nei confronti del regime di Erdogan e del suo sistema carcerario degno delle peggiori dittature. «Sono stato torturato per tre giorni nel carcere Siliviri n. 9, probabilmente su indicazione diretta del capo di Stato turco o degli ambienti a lui più vicini». sono le parole del reporter della Welt, Deniz Yucel, tedesco di origini turche, che dal febbraio 2017 è stato per un anno intero detenuto in Turchia senza una vera e propria imputazione ufficiale.
Il giornalista fu anche tenuto per lunghi periodi in completo isolamento. La sua detenzione aveva scatenato una grave crisi tra Berlino ed Ankara. L’accusa rivolta alle autorità turche e direttamente al presidente Recep Tayyip Erdogan è contenuta in una testimonianza scritta presentata al tribunale di Berlino. La tortura, a detta di Yucel, avvenne «comunque in seguito della campagna diffamatoria che aveva iniziato il presidente e sotto la sua responsabilità».
«In un modo o nell’altro - continua il reporter - il principale responsabile della tortura a cui sono stato sottoposto si chiama Erdogan». Tra le imputazioni rivolte a Yucel quella di aver promosso «la propaganda per una organizzazione terroristica». Le autorità giudiziarie turche avevano permesso la testimonianza di fronte ad un giudice in Germania. A Istanbul, invece, il processo contro il giornalista - che rischia fino a 18 anni di carcere - riprenderà il 16 luglio. Yucel ha anche riferito di avere informato della tortura la Corte europea per i diritti umani, preferendo finora non parlarne in pubblico: «Il luogo giusto per una cosa del genere è un’aula di tribunale».
Il cronista racconta che «dato che nelle celle non sono installate le telecamere» egli fu colpito «con calci contro i miei piedi e con percosse sul petto e le schiena». Lo scopo della violenza, dice Yucel, «era di umiliarmi e di intimidirmi. Probabilmente si voleva anche provocare una mia reazione. Comunque si tratta di una forma di tortura». Successivamente, racconta ancora il giornalista, «un guardiano mi ha colpito sul viso, mentre un altro diceva: quanto ti pagano i tedeschi perché tu tradisca la tua patria. Parla, o ti strappo la lingua».
A detta del reporter, «è impensabile che il direttore di un penitenziario avrebbe osato muoversi in maniera autonoma in un caso trattato dal capo dello Stato in persona». L’obiettivo sarebbe stato quello di aumentare il livello di crisi con la Germania, allo scopo di strumentalizzarla nella campagna elettorale allora in corso. «La testimonianza di Yucel è straordinariamente preoccupante», ha detto il portavoce per gli Affari esteri della Spd, Nils Schmid. E mentre il vicepagruppo della Linke al Bundestag, Sevim Dagdelen, chiede che il ministero degli Esteri di Berlino convochi immediatamente l’ambasciatore turco, l’esponente dei Verdi Omid Nouripour aafferma che «il governo federale deve spiegare a Erdogan che la tortura e la detenzione di cittadini tedeschi non sarà più accettata».