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Un emendamento di Pd e governo propone di inserire nel decreto fiscale le norme sull'equo compenso per gli avvocati
Caro Direttore, sono una avvocata (rispettando la forma al femminile di tale titolo) del Foro di Napoli, che esercita in proprio la professione forense da oltre 15 anni. Mi capita spesso di leggere il Suo giornale, sempre attento ad analizzare con spirito critico le tematiche socio-culturali e politiche ed oggi. Le scrivo avendo, purtroppo, più tempo a disposizione causa emergenza Covid-19, per descrivere le giornate tipo di un avvocato in questo drammatico momento, con l’auspicio che la classe politica e/o chi di dovere presti maggiore attenzione ad una categoria, qual è la nostra, oramai già al collasso. Premetto che mi trovo, al pari di tutti gli altri cittadini responsabili, a rispettare rigorosamente le disposizioni normo-sanitarie dettate per affrontare il Coronavirus. Tuttavia, non mi è possibile tralasciare le responsabilità legate alla nostra professione. Quindi, cercando di rimanere a casa il più possibile, mi ritrovo a lavorare in smart working. Ma ciò non sempre è possibile. Per cui munita di idonea autocertificazione sono costretta a recarmi presso il mio studio, per poter anche consultare i fascicoli delle pratiche da trattare. A ciò si aggiunga lo stress psico-fisico di dover rassicurare i propri clienti, che nonostante il momento storico, ti chiamano per essere a loro volta rassicurati nella risoluzione delle loro problematiche. Per non parlare poi, delle estenuanti attese, dinanzi al computer o al telefonino, di arrivo di comunicazioni a mezzo Pec da parte delle cancellerie dei Tribunali in cui pendono i vari giudizi che dovevano trattarsi in questo periodo; e dei successivi Decreti ministeriali che, peraltro, lasciavano spazio a seri e non trascurabili dubbi interpretativi, resi circa la sospensione delle attività giudiziarie e dei termini decadenziali. Per cui, che si sappia, in caso di dubbio di applicazione del decreto, l’avvocato rispetta i termini decadenziali ordinari vigenti e, quindi, è tenuto a lavorare nella redazione degli atti e non solo, per poi bloccarsi nuovamente per l’emissione di un nuovo decreto che va ad integrare e chiarire il precedente. A questo aspetto, già di per se sfiancante nel clima di crescente orrore che stiamo vivendo, si aggiunge anche la preoccupazione di tipo economico. Io, come tanti altri colleghi, sosteniamo mensilmente ingenti costi e spese di studio, oltre a quelle che attengono alla vita quotidiana e personale. E, come ben noto, l’avvocato non riceva sostegni da parte di nessuno se non della propria capacità e professionalità. Molto prosaicamente, “se non lavora non guadagna”. Pertanto in tantissimi ci troviamo costretti a dar fondo ai già nostri miseri risparmi per fronteggiare l’inevitabile novero di spese, oltre a quelle necessarie per la quotidianità della vita. Davvero non oso immaginare cosa potrà accadere anche nel brevissimo periodo e come si possa - sempre che sia possibile - recuperare la normalità precedente l’emergenza. Ne sono consapevole: quello che le ho descritto è un quadro a tinte fosche, fortemente drammatico: eppure le sta parlando un’ottimista di natura! Mi ha fortemente rattristato il totale disinteresse della classe politica nei confronti della nostra professione, vedi il “Decreto Cura Italia” che ha escluso da qualsivoglia forma di sostegno economico le categorie professionali di avvocati, ingegneri, architetti eccetera. Eppure siamo anche noi detentori di partita Iva e come tali contribuenti dello Stato ed al pari di tutti abbiamo bisogno di sostegno, anche se poi debba essere integrato dalle nostre Casse previdenziali private. Concludo sperando in un intervento incisivo da parte dello Stato per la nostra categoria e non solo, e pur sempre conservando il mio spirito ottimista, sono sicura che “Andrà tutto bene!”P.S.:Faccio un monito alla nostra Cassa Forense Previdenziale, a cui versiamo fior fiori di soldi, attivatevi a sostenere noi avvocati.