PHOTO
«Si è presentato con un cartello». Che cartello, avvocato? «Era un po’ più grande di un A4, con scritto “sono in sciopero della terapia e del vitto”. Mi ha detto: “Lo metto davanti alla cella”. E mi ha affidato il messaggio che conoscete».
Il messaggio di Marcello Dell’Utri a cui si riferisce Alessandro de Federicis, difensore dell’Onorevole che ha fondato uno dei più importanti partiti della storia repubblicana, è «mi vogliono morto, e allora decido di farlo di mia volontà». Dell’Utri dunque ha un cartello davanti alla cella per ricordare alle guardie che non vuole alimentarsi e nemmeno assumere le pillole per tenere a bada la cardiopatia.
E poi c’è la radioterapia: non la fa più? Quale radioterapia, scusi?
Avvocato de Federicis, voi avete chiesto l’esecuzione differita perché l’Onorevole Dell’Utri potesse sottoporsi a un prolungato e pesantissimo ciclo di radioterapia in un contesto meno disumanizzante. Certo, ma la radioterapia non è mai iniziata.
Come sarebbe a dire? Abbiamo chiesto per 5 volte un videat urologico, un tipo di accertamento indispensabile per stabilire i dosaggi della radioterapia per chi ha un cancro alla prostata. Non ce lo hanno mai fissato nonostante il nostro urologo di fiducia ne avesse segnalato l’urgenza. Quindi la radioterapia non può iniziare, prima ci vuole quel tipo di esame. Intanto il cancro alla prostata Dell’Utri ce l’ha. Ma secondo lei, questa storia del videat l’hanno riferita nell’ordinanza?
Ce lo dica. No, hanno richiamato solo questioni che potessero essere funzionali al rigetto dell’istanza. Non hanno fatto parola di aspetti drammatici che, se presi in considerazione, avrebbero reso pubblica la disumanità di un’ordinanza negativa rispetto alla richiesta di esecuzione domiciliare.
Dicono che la radioterapia si può fare dormendo in branda nella cella. Hanno detto il contrario solo sei mesi fa. Un altro detenuto, difeso sempre dal sottoscritto. Carcinoma prostatico anche lui. Lì per giunta non si aggiungevano gravi cardiopatie e si trattava di un soggetto molto più giovane. In quel caso lo stesso Tribunale di Sorveglianza ha stabilito che la terapia radiologica non è compatibile con la detenzione inframuraria. E non è tutto.
E cos’altro c’è? Maggio 2016: è la volta in cui Dell’Utri è stato più a rischio di vita. Un blocco delle funzioni urinarie. La radioterapia può avere, tra i suoi molti effetti collaterali, anche quello di favorire episodi simili. Se capita mentre è dietro le sbarre c’è un rischio enorme che non si intervenga in tempo. Oltre all’ evidente disumanità complessiva della situazione.
Che lei sappia, al momento Dell’Utri continua a rifiutare cure e cibo? Lo vedo domani ( oggi per chi legge, ndr). Non ho dubbi, per come l’ho conosciuto, che stia mettendo in atto il proposito. Anche sua moglie era preoccupata per lo stesso motivo: era certa che il marito avrebbe dato seguito a quanto detto dopo l’ordinanza. Non era una frase fug- gita sull’onda del momento, ne aveva già parlato nei giorni precedenti. Poi magari lunedì vedrà la famiglia e ci ripenserà.
Lei al colloquio lo esorterà a riprendere a mangiare e a curarsi? Sì, lo farò perché credo che una persona debba evitare che un’altra si ammazzi. Ma se mi chiede cosa avrei fatto io, posso assicurarle che avrei fatto esattamente la stessa cosa. Di fronte alle ingiustizie ho anch’io un modo di reagire energico, diciamo così. D’altra parte, cosa può mai fare Dell’Utri?
Che intende dire? Tra due anni arriverà la sentenza con cui la Corte europea dei Diritti dell’uomo annullerà la condanna, analogamente a quanto avvenuto per Bruno Contrada. Ma in queste condizioni Dell’Utri non dura due anni. Non ci arriva se trascura il tumore. Poi forse dimentichiamo che i cardiologi indicano il rischio di un nuovo evento acuto: parliamo di un 76enne con tre arterie compromesse. Adesso la prospettiva è di dover passare almeno un altro anno dietro le sbarre in queste condizioni.
Non ricorrerete in Cassazione? Sì ma per com’è sovraccarica in questa fase, la Cassazione non esaminerà il ricorso prima di 6– 7 mesi. E anche in caso di accoglimento non è che la Suprema corte può ordinare la scarcerazione: può solo annullare l’ordinanza e restituire gli atti al Tribunale. Dopodiché il Tribunale dovrà trovare una data libera per fissare l’udienza. Ecco, prima che si arrivi in camera di consiglio passerà almeno un anno.
Le vie giudiziarie sono chiuse. E non è che Dell’Utri stia dentro da un mese: ha scontato tre anni e mezzo, è già ben oltre la metà della pena considerato lo sconto maturato finora. E i primi tempi sono stati durissimi, a Parma ha visto persone suicidarsi davanti a lui. Ma quando una decisione di diritto deve tener conto del principio di umanità, si va incontro anche a situazioni come questa.