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Lex procuratore di Palermo Antonio Ingroia e Bernardo Provenzano. Uno è il pm che gettò le basi per linchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, laltro il capo di Cosa Nostra e presunto ingranaggio della trattativa. I due si sono incontrati nel carcere dove Provenzano ha passato in regime di 41bis gli ultimi dieci anni, e Ingroia lo ha definito «un uomo dellaltro Stato», riconoscendo però che il carcere duro nei suoi confronti è stato un «accanimento superfluo».Cosa intende con la definizione di «uomo dellaltro Stato»?Lo Stato non è un blocco monolitico. Ha una faccia pulita, che è quella di tutti gli uomini e le donne che sono caduti per difenderlo, come i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Esiste però anche una faccia cupa, fatta dei visi dei molti che hanno trescato, conducendo trattative di cui la mafia è stata parte. Non mi riferisco solo a quella tra Stato e mafia, ce ne sono state molte altre. Penso ad esempio allo sbarco degli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale, in cui la mafia è stata un soggetto attivo.E con questo Provenzano cosa centra?Lui è stato uno degli uomini-cerniera di questa trattativa. Provenzano ha passato la vita a difendere e proteggere gli interessi della mafia ma anche quelli di questo altro Stato. E lo ha fatto fino alla morte, non rivelando nessuno dei segreti su cui molte inchieste hanno provato a far luce.Quando lo ha conosciuto, Provenzano era già sottoposto al regime del 41bis, che non gli è stato revocato nemmeno negli ultimi anni di vita, quando era malato. Ha condiviso questa scelta?Oggi tutti, con il senno di poi, diranno che la misura fosse irragionevole. Io lo dissi in tempi non sospetti e mi sono già preso molte critiche da parte dei paladini dellantimafia. Anchio mi considero un militante dellantimafia, eppure credo che il regime di carcere duro sia stato eccessivo e sconsigliabile, anche per chi viene considerato il peggiore tra i boss mafiosi. Io ho conosciuto Provenzano quando era già vecchio e malato e penso che il 41bis sia stato un accanimento superfluo nei suoi confronti.Che impressione le ha fatto quando lo ha incontrato?Ricordo di aver pensato che era un uomo diverso dal zu Binnu u Tratturi di cui si raccontavano i feroci assassinii. Lho incontrato in carcere e mi è sembrato quasi impaurito e poco sicuro di sé, a differenza dellimmagine di lui che si dava. Era però già vecchio, debole e fragile. Durante linterrogatorio, mi è anche sembrato di leggere in lui un conflitto interno, unindecisione profonda.Indecisione su che cosa?Mi sembrava indeciso sullipotesi di voltare pagina, aprendo un dialogo con laltro Stato, quello pulito di cui dicevo prima, oppure rimanere coerente con se stesso e rimanere in silenzio. Alla fine è rimasto fedele, oppure è stato indotto in qualche modo a rimanere fedele alla mafia e ha portando con sé i segreti di Cosa Nostra e quelli del doppio Stato.