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Le elezioni generali in India hanno confermato gli exit poll, a trionfare è stata la coalizione conservatrice e nazionalista ( Alleanza Nazionale Democratica) guidata dal Partito Popolare Indiano (Bjp) del premier Narendra Modi.
Il primo ministro uscente dunque conquista di nuovo la maggioranza e ottiene 347 seggi sui 542 totali. Un numero sufficiente per guidare la Lokh Saba, la cosiddetta Camera del popolo ovvero il Parlamento.
Modi dunque ha aumentato ulteriormente il suo vantaggio, rispetto alle elezioni del 2014, e ha staccato nettamente gli avversari del Partito del Congresso (Inc) che si fermano a 85 seggi. Nonostante il raggruppamento progressista (Upa), da sempre capeggiato dalla storica famiglie Nerhu- Gandhi, abbia quasi raddoppiato i suoi voti.
Per capire l’importanza delle elezioni indiane bisogna innanzitutto guardare i numeri. 900 milioni di elettori si sono recati alle urne in sette fasi dall’11 aprile al 19 maggio. 29 sono gli stati che hanno espresso una preferenza per rinnovare i propri candidati in Parlamento.
Una complessa macchina di rappresentanza che vede 7 partiti riconosciuti a livello nazionale, 47 quelli statali mentre le formazioni politiche registrate salgono a 1600. I candidati tra cui scegliere erano 8000. Senza dubbio la più grande democrazia del mondo.
La vittoria di Modi però non era scontata ed è apparsa quasi certa solo nelle ultime fasi. A dicembre dello scorso anno infatti si è votato per elezioni locali in 3 stati e i nazionalisti avevano riportato una netta sconfitta.
I dati economici parlavano in gennaio di un tasso di disoccupazione salito in un anno del 6,1%, una situazione che favoriva il Partito del Congresso ma così non è stato.
Modi ha puntato proprio sull’economia promettendo la creazione di 10milioni di posti di lavoro, una proposta che ha prevalso su quella dei progressisti che avevano messo in campo l’idea di un sussidio del 20% in più per le classi più povere oltre alla modifica della legislazione che regola il lavoro femminile, la cancellazione dei debiti dei contadini, tutela dei diritti e dei minori, lotta alla corruzione.
Ma il tema vincente per Modi è stato probabilmente quello legato all’annoso conflitto per la regione del Kashimir ( a maggioranza musulmana) contesa con il Pakistan. Lo scorso febbraio il gruppo jihadista Jaish- e- Mohammed aveva condotto una attacco in India provocando la reazione armata di New Dheli proprio in Pakistan.
Tensioni che hanno rinfocolato il nazionalismo di cui il Bjp è il massimo interprete.
Il successo dei conservatori è stato salutato con favore dal mercato azionario indiano, come dimostra l’indice Sensex che ha toccato il record di 40000 punti e il Nifty che si è attestato per la prima volta sui 12000.