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Matteo Renzi non vuole usare le parole «complotto» o «sabotaggio», ma che si tratti di una «coincidenza strana» ne è certo. E così, dopo le perquisizioni disposte dalla procura di Firenze nell’inchiesta “Open”, la fondazione cassaforte della Leopolda che secondo i magistrati avrebbe agito come una “articolazione” di partito, ha presentato la contromossa: tre denunce indirizzate al procuratore capo di Firenze e a quello di Genova.
Con un duplice scopo: da un lato rimarcare la più volte dichiarata fiducia nella magistratura, «anche quella di Firenze» ; dall’altro accendere i fari proprio sul procuratore Giuseppe Creazzo, spedendo gli atti anche ai magistrati competenti delle indagini sul distretto fiorentino, ovvero in Liguria. E scoprire, così, chi ha «diffuso documenti privati», svelando il segreto bancario o istruttorio, sulla compravendita della sua abitazione.
Un’operazione svelata da L’Espresso, che riguarda il prestito da 700mila euro ricevuto da Anna Picchioni, madre di Riccardo Mestrelli, finanziatore di Open e nel 2015 nominato dal governo Renzi nel consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti. Una notizia poi rilanciata da La Verità e oggetto della seconda denuncia di Renzi. A questa, si associa quella contro Marco Travaglio, «per aver detto che il Governo Renzi ha “beneficato il gruppo Toto nel 2017”. Non so di cosa parli Travaglio ha sottolineato Renzi -. Ma so che il governo Renzi termina la propria esperienza nel 2016. Notizia falsa e diffamatoria, reato certo».
Proprio ieri è arrivata anche la notizia degli accertamenti disposti dai pubblici ministeri sulla villa acquistata nell’estate 2018, per ora senza ipotesi di reato. Il prestito finito al centro della vicenda è stato poi restituito nel giro di pochi mesi, ma quell’operazione era stata segnalata un anno fa come sospetta dall’Unità antiriciclaggio. Si tratta, dunque, dell’ennesima vicenda giudiziaria che lega la famiglia Renzi alla procura guidata da Creazzo. La stessa che aveva indagato sul cognato dell’ex premier in merito alla presunta appropriazione indebita dei fondi Unicef, per la quale Renzi ha chiesto risarcimenti milionari, quella che ha fatto finire ai domiciliari i suoi genitori, poi rimessi in libertà dal Riesame, e quella che, infine, ha acceso i fari su Open, disponendo decine di perquisizioni in tutta Italia.
Ma l’ex premier spara a zero su tutti. «Siamo in presenza di una cosa enorme - dice Renzi -. Se fondare un partito è decisione della magistratura e non della politica siamo in presenza di un vulnus per la democrazia». Una ferita, dice. E mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio lo accosta a Matteo Salvini, per le parole «contro la magistratura», Renzi frena e rispedisce al mittente le accuse. «Ma di che parliamo?», dice ai microfoni di Circo Massimo, rilanciando l’idea del leader grillino di istituire una Commissione sui finanziamenti ai partiti e alle fondazioni. Io ci sto, dice Renzi, ma mettiamoci dentro «anche le Srl», come la Casaleggio.
Poi torna alla magistratura, che invita ad andare avanti smentendo gli attacchi. Per poi affondare: «certo, colpisce che persone non indagate, che hanno fatto versamenti trasparenti, vengano svegliati alle 7 con una perquisizione con 300 finanzieri in tutta Italia, che assomiglia molto ad una retata». Sui conti di Open tutto è pubblico, ribadisce, e anche se l’indagine «si rispetta» il problema è il limite: «due magistrati decidono che la fondazione che organizzava la Leopolda e che ha segnato la politica degli ultimi anni non è una fondazione, ma un partito».
E dopo aver deciso di abolire il finanziamento pubblico, aggiunge, è necessario permettere un finanziamento privato «in modo trasparente». L’estremismo, denuncia, «è che può diventare partito chiunque e che possa avere dei vincoli che spiego ex post, facendo le perquisizioni all’alba».
Un’idea pericolosa, dice Renzi, che rientra in una partita importantissima «su chi decide cos’è un partito. Io ho detto questo e casualmente - aggiunge - ricevo quello che considero un avvertimento: la diffusione di miei documenti privati». Da qui l’avvertimento alle aziende: «non finanziate Italia Viva o rischiate di essere perquisiti».
E mentre l’Anm Toscana parla di «attacco intollerabile», nell’affermare «che i magistrati agiscono per finalità diverse da quelle previste dalla legge e per colpire singoli esponenti politici e/ o partiti», dalla parte di Renzi si schiera anche Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia. «L’anomalia che oggi denuncia Matteo Renzi è un male antico mai curato e anzi a lungo avallato proprio dalla sinistra italiana - dice -. Con lo scudo dell’indipendenza della magistratura e la difesa corporativa e miope del sindacato dei giudici, si sono consumati in Italia strappi enormi nell’amministrazione della giustizia».