Prelevato forzatamente mentre era in cura all’ospedale, spedito all’interno del Centro di identificazione ed espulsione di Caltanissetta e pronto per essere rimpatriato. Si tratta di un giovane studente universitario marocchino con regolare permesso di soggiorno, ma affetto da una patologia psichiatrica. A denunciare l’accaduto è l’organizzazione non governativa Human Rights Youth Organization, la quale, assieme a una rete di associazioni umanitarie, chiede al ministero degli Interni di sospen- immediatamente il rimpatrio. Il giovane immigrato qualche giorno fa aveva dato segni di confusione mentale nella mensa universitaria di Palermo, quando, in preda a una crisi, è salito in piedi su un tavolo agitandosi e brandendo il cellulare che aveva in mano, provocando il panico generale. Un migrante, dunque, che rispetto ad altri, giunto qui ha seguito un percorso diverso: quello terapeutico, per curare la sua psicosi. Da un po’, però, aveva interrotto le cure a causa degli effetti collaterali che gli causavano i farmaci. Il ragazzo nell’ultimo periodo aveva smesso di seguire la sua terapia farmacologica, ma dopo l’accaduto si era lasciato convincere a ritornare in comunità per riprendere la sua terapia, previo ricovero in un ospedale.

«In ospedale, però, è stato prelevato bruscamente dalla Digos scrive Human Rights Youth Orga- nization - e portato in un Cie con l’obiettivo di rimpatriarlo mettendo a rischio la sua integrità psicofisica attuale e futura. Le procedure che sono state utilizzate nei suoi confronti sono quelle che vengono applicate a soggetti con piene capacità di agire, mentre il ragazzo era entrato ieri spontaneamente in clinica per riprendere il corso delle terapie. Procedere all’immediata espulsione non farebbe altro che peggiorare le condizioni psico- fisiche di questo giovane, rischiando inoltre di incentivarlo all’effettivo avvicinamento a potenziali nuclei terroristici che potrebbero sfruttare la sua patologia a favore dei loro scopi». La videre cenda potrebbe infatti avere ripercussioni gravi sul ragazzo. Lo sradicamento dal contesto italiano in cui si era inserito, le evidenti difficoltà di riadattamento a cui andrebbe incontro in Marocco, l’impossibilità di avere un reale accesso ai trattamenti farmacologici nel suo paese e il trauma del rimpatrio forzato, sicuramente avranno un effetto devastante sulla sua salute psicofisica, i cui esiti sono realmente difficili da prevedere.

In merito alla vicenda è intervenuto anche il professore Daniele La Barbera, psichiatra e direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università di Palermo: «Espellere una persona che invece può e deve essere curata è un atto razzista, oscurantista e di una indicibile violenza; non è in alcun modo accettabile sostituire una terapia con una punizione, le cui conseguenze, per altro possono essere gravissime, proprio perché’ si tratta di un soggetto psicologicamente fragile. Addolora che un soggetto affetto da un disturbo psichico debba ancora oggi essere considerato socialmente pericoloso piuttosto che bisognevole di cure».

Il ragazzo, nell’ultimo periodo, a Palermo, era riuscito a diplomarsi ed era stato accolto per la sua patologia in una comunità terapeutica assistita. Successivamente, a seguito di un percorso terapeutico assistito, supportato anche farmacologicamente, si era iscritto all’università, usufruendo dell’ospitalità del pensionato universitario. «Il giovane era inserito da tempo in alcuni progetti di inserimento sociale - scrive Marco Farina, presidente della Human Rights Youth Organization di Palermo -, per noi è un esempio concreto di positiva inclusione sociale dettato anche dall’essere riuscito ad intraprendere con una borsa di studio anche gli studi in cooperazione internazionale. Sapevamo che aveva sospeso temporaneamente la terapia e cercavamo come volontari di seguirlo. Una cosa che avremo comunque modo di approfondire nelle sedi opportune è che sappiamo che l’università gli aveva rilasciato un certificato di sana e robusta costituzione per poterlo ospitare all’interno del pensionato universitario». Sabato scorso, il giudice ha convalidato il trattenimento del giovane marocchino nel Cie. L’unica speranza è l’intervento del ministro Marco Minniti per mettere fine alla criminalizzazione di un immigrato che voleva affidarsi nuovamente al servizio sanitario italiano e ne aveva diritto in quanto soggetto vulnerabile.