«Oggi sono lieto di dare il benvenuto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca. È una sensazione meravigliosa e un evento meraviglioso». Queste le parole entusiastiche di Donald Trump in conferenza stampa all'indomani dell'incontro con il primo ministro israeliano Netanyahu. I toni usati non lasciavano però far presagire quello che il presidente Usa avrebbe detto in seguito.

Il tycoon ha pronunciato frasi che è difficile interpretare come una provocazione. La sostanza è che si è trattato di uno shock. Gli Stati Uniti «prenderanno il controllo» di Gaza. Così l'enclave potrebbe trasformarsi nella nella «Riviera del Medio Oriente». L'idea balenata infatti è quella di una deportazione di massa dei palestinesi, come già dichiarato da Trump, sia pure nell'ambito di un trasferimento nei paesi vicini. Qualcosa che in molti hanno già definito una una pulizia etnica. Secondo Trump gli attori della ricostruzione non potranno essere coloro che vivono a Gaza, questi dovrebbero cedere il controllo a paesi definiti umanitari (Usa in testa), una volta completata l'opera verrebbero creati posti di lavoro per due milioni di persone. Tutto naturalmente a vantaggio degli stessi palestinesi, dipinti come sfortunati.

E' chiaro che le parole dell'inquilino della Casa Bianca sono sembrate francamente irrispettose per le migliaia di morti e descrivono un piano realizzabile sotto molti punti di vista. Da qui è partita la sequela di reazioni, a cominciare chiaramente da Hamas secondo cui «le osservazioni di Trump sul suo desiderio di controllare Gaza sono ridicole e assurde, e qualsiasi idea di questo tipo è in grado di infiammare la regione».

Durissima Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, la quale ha affermato che il piano di Trump è «illegale, immorale e completamente irresponsabile», Il piano «peggiorerà ulteriormente la crisi regionale. È l'incitamento allo sfollamento forzato, che è un crimine internazionale. La comunità internazionale è composta da 193 Stati e questo è il momento di dare agli Stati Uniti ciò che stavano cercando: l'isolamento». Paul O'Brien, direttore esecutivo di Amnesty International Usa, ha ribadito che «La morte e la distruzione di Gaza sono il risultato dell'uccisione da parte del governo di Israele di civili a migliaia, spesso con bombe statunitensi». La stessa Autorita nazionale palestinese ha respinto l'idea di Trump su tutta la linea nonostante il suo antagonismo con Hamas. Lo stesso hanno fatto i paesi arabi dall'Egitto alla Giordania, preoccupati per un'annessione di terre palestinesi da parte di Israele e dall'esodo forzato di milioni di persone. L'Arabia Saudita ha minacciato che non normalizzerà i legami con Israele senza la creazione di uno Stato palestinese.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha aggiunto che la Russia ritiene che un accordo in Medio Oriente sia possibile solo sulla base di una soluzione a due Stati. Il ministero degli Esteri cinese dice di opporsi al trasferimento forzato della popolazione di Gaza. L'Europa quasi nella sua interezza ha parlato del diritto dei palestinesi di tornare alle loro case, bocciando senza appello la proposta statunitense.