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Una «bella chiacchierata» con Russia e Ucraina. Così il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definitole due conversazioni avute ieri con il presidente russo Vladimir Putin prima e con quello ucraino Volodymyr Zelensky poi. «Chiacchierate» dalle quali sono emersi sostanzialmente due temi: la contrarietà degli Stati Uniti all’ingresso di Kiev nella Nato e la convinzione da parte dei due attori principali del conflitto di chiudere le ostilità in tempi brevi. Quel che è cambiato, rispetto alla presidenza Biden, è che Washington è oggi disposta non solo a parlare con Mosca ma anche a sedersi a un tavolo, con un faccia a faccia fra Trump e Putin che potrebbe essere organizzato a Riad, in Arabia Saudita.
«Ci vorrà del tempo per preparare un incontro del genere, potrebbero volerci settimane o anche diversi mesi», ha detto il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov. Che ha poi “rassicurato”, per quanto possibile, che «in un modo o nell’altro l’Ucraina parteciperà ai negoziati» e che «ci sarà sia un percorso di dialogo bilaterale russo-americano, sia un percorso che, ovviamente, sarà collegato al coinvolgimento dell’Ucraina».
E ci mancherebbe altro, risponderebbero da Kiev, con la risposta ufficiale che è arrivata per bocca dello stesso Zelensky. «Non possiamo accettare, come Paese indipendente, alcun accordo fatto senza di noi - ha spiegato ieri durante una visita a una centrale nucleare - Lo dico molto chiaramente ai nostri partner: la cosa principale è non permettere che tutto vada secondo il piano di Putin». Che intanto ha già ottenuto una certa riabilitazione da parte americana, con il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, che ha definito il comportamento di Trump con Putin «educato» e «una dimostrazione di come dovrebbe avvenire il dialogo con la Russia».
Mosca ha anche dato indicazioni a Ue e Cina su come muoversi per partecipare ai negoziati, segno di come la volontà del Cremlino di tornare a dare le carte a livello internazionale sia stata in qualche modo soddisfatta da Trump. «L’Europa deve parlare con Washington per salvare il proprio posto nei negoziati», ha spiegato Peskov. «Per ora non è possibile dire nulla sulla configurazione delle parti perché non ci sono stati ancora contatti sostanziali a livello operativo», ha poi aggiunto rispondendo a una domanda su un'’eventuale partecipazione di Pechino alle trattative.
Dal canto suo Bruxelles cerca di difendere il proprio ruolo nelle trattative, con l’Alto rappresentante per la Polticia estera e la Sicurezza, Kaja Kallas, che ha confermato l’impegno dell’Europa che «resterà salda e continuerà a sostenere l’Ucraina nella sua lotta». Per Kallas «qualsiasi soluzione rapida sull’Ucraina è un affare sporco che abbiamo già visto in passato, ad esempio a Minsk, e semplicemente non funzionerà». Paragonando poi la situazione attuale al 1938. «Possiamo fare un parallelo con il 1938 - ha aggiunto - non è una buona tattica di negoziazione se si dà via tutto prima ancora che le discussioni siano iniziate: è appeasement, e non funziona».
Ma l’Ue è in una posizione complicata, dovuta in primis alla debolezza politica di Francia e Germania. «Non è ancora chiaro a quali condizioni l’Ucraina sarà pronta ad accettare un accordo di pace», ha parlando a Politico il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, che tuttavia è in procinto di affrontare le elezioni tra poco più di una settimana e di conseguenza potrebbe a breve lasciare la guida di quella che un tempo era la locomotiva d’Europa.
E dunque in questa fase l’Italia potrebbe svolgere un ruolo da protagonista, rivendicando da un lato il sostegno all’Ucraina mai sopito, e dall’altro i numerosi contatti tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Trump. Ma proprio la vicinanza al tycoon potrebbe imbarazzare Roma, tanto che la posizione del governo è stata specificata ieri dal ministro della Difesa, Guido Crosetto.
«Auspico che si arrivi il prima possibile a una pace giusta e, utilizzando un termine che è stato utilizzato da tutti, duratura - ha detto a margine della ministeriale Difesa della Nato - Che sia una pace vera e non sia soltanto uno stop per iniziare poi tra qualche anno, perché abbiamo visto cosa è successo in questi anni, prima la Georgia, poi siamo passati alla Crimea, poi adesso al Donbass, non vorremmo che pezzo dopo pezzo con la politica del carciofo alla fine si finisse di sfogliare totalmente l’Ucraina, per cui l’obiettivo anche degli Stati Uniti e anche di Trump sarà una pace giusta e duratura».