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Renzi Conte Russiagate
Da una parte la Russia, dall’altra gli Stati Uniti. Se i protagonisti di questa storia non fossero gli italianissimi Matteo Renzi e Giuseppe Conte, sembrerebbero d’essere in un romanzo del compianto John Le Carrè. E invece siamo nel mezzo di una boutade che coinvolge due ex presidenti del Consiglio, ora leader di partito, e le due superpotenze. In mezzo, il Copasir, Comitato per la sicurezza della Repubblica, che ha il compito di tenere accesa la luce sui servizi segreti e tutto ciò che coinvolge la sicurezza nazionale.
La storia è nota, ma è bene riassumerla. Il primo filone è quello che coinvolge la Russia di Vladimir Putin e gli aiuti offerti (o meglio, venduti, ma ci torneremo) all’Italia nelle prime settimane di pandemia, quando il nostro paese fu il primo tra quelli occidentali a essere colpito dal coronavirus. Aiuti che partirono dopo un colloquio telefonico diretto tra l’allora inquilino di palazzo Chigi, Giuseppe Conte, e lo stesso Putin. Ventilatori, mascherine, tamponi e decine di medici e infermieri, con il compito di garantire assistenza medica e dare un contributo nella santificazione degli ospedali.
Già Jacopo Iacoboni della Stampa, in quelle ore, metteva in guardia dalla presenza russa sul nostro territorio, ma ora, a distanza di due anni, continuano a emergere aspetti inquietanti di quella missione. Come la volontà dei russi di entrare negli edifici pubblici, stoppata dal ministro della Difesa di allora e di oggi, Lorenzo Guerini, e la presenza di cento militari in più di quelli certificati, come reso noto ieri da Fiorenza Sarzanini sul Corriere. Non solo: sul banco degli imputati anche i tre milioni spesi dal governo in quei giorni per vitto e alloggio dei russi e per il pagamento del carburante necessario agli spostamenti. Quanto e cosa sapeva Conte di questi “aspetti secondari” della vicenda, che furono sottovalutati all’epoca e che ora vengono a galla in tutta la loro evidenza? Era consapevole, il presidente del Consiglio, che la missione russa avrebbe potuto mettere a rischio ( o magari l’ha fatto, ma è ancora possibile stabilirlo) la nostra sicurezza nazionale? A ciò bisogna aggiungere le affermazioni dell’ambasciatore russo a Roma, Sergej Razov, che ha parlato di «ingratitudine» del nostro paese verso Mosca nel momento dell’invio di armi e Kiev, visto l’aiuto fornito dalla Russia in quei giorni a Bergamo.
E qui veniamo al secondo filone, quello che riguarda la Russia indirettamente e gli Stati Uniti in primis e che coinvolge, oltre allo stesso Conte, anche il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. La data incriminata è il 15 agosto 2019, quando il segretario di Stato alla Giustizia del presidente Donald Trump, William Barr, ha incontrato in un ristorante del centro di Roma con l’allora capo del Dis (Dipartimento per l’informazione e la sicurezza) del governo Conte, Gennaro Vecchione.
Piatto principale del convivio, secondo quanto emerge da un articolo pubblicato su Repubblica da Carlo Bonini, il possibile coinvolgimento di Matteo Renzi, assieme a Barack Obama, nel favorire l’ascesa di Hillary Clinton, a discapito dello stesso Trump, alla presidenza degli Stati Uniti. «Nel corso dell’incontro conviviale non sono stati in alcun modo affrontati argomenti riservati, confidenziali, commessi alla visita o comunque riferiti a vicende e a personaggi politici italiani e stranieri, per cui la conversazione si è orientata su convenevoli di carattere generale», dice oggi Vecchione, precisando che Conte non era presente. «Avranno parlato del tempo?», si chiede ironicamente il renzianissimo Luciano Nobili, deputato di Iv.
E se Renzi ha chiesto un confronto in tv con Conte, la sola certezza è che il primo ma probabilmente anche il secondo ( che è già stato ascoltato) saranno auditi al Copasir per far luce su entrambe le vicende. «Se Renzi ha certezze sul fatto che l’ex premier Conte ha violato i dettami costituzionali, ovviamente da lui dobbiamo partire - ha detto Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e presidente del Copasir - Altrimenti su chi facciamo approfondimenti?».
Il gruppo del Movimento 5 Stelle a palazzo san Macuto (sede del Copasir) ha chiesto ieri che l’audizione di Renzi venga calendarizzata quanto prima, come spiegato dalla deputata M5S e vicepresidente del Comitato, Federica Dieni. «Se il leader di Iv solleva un problema di sicurezza nazionale e dice di nutrire sospetti in merito a comportamenti non corretti da parte di Conte, allora ci sembra giusto che venga a spiegare nelle sedi opportune a cosa si riferisce in particolare - ha commentato per poi concentrare le nostre domande e fare i dovuti approfondimenti». L’impressione, come in un romanzo di Le Carrè, è che siamo solo all’inizio di una lunga serie di colpi di scena.