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Maria Elisabetta Alberti Casellati ricorda, nel suo saluto d’apertura, di aver «fortemente sostenuto, da sottosegretario alla Giustizia, la legge professionale forense». Non rivendica un merito ma esprime un orgoglio. Perché alla seconda carica dello Stato, avvocato anche lei, il passaggio sulla legge del 2012 serve a evocare uno dei tanti “precursori” del ddl costituzionale sul ruolo del difensore. «Non vi è ragione di non riconoscerlo anche nella Carta», dirà pochi istanti dopo la presidente del Senato. E insieme con il «rinnovato impegno» espresso nel suo intervento dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, si tratta della dichiarazione di sostegno più rassicurante finora rivolta all’avvocatura in vista del sigillo che la professione forense ritiene giusto ottenere.
L’inaugurazione dell’anno giudiziario del Cnf, celebrata ieri mattina a Roma nell’elegantissima Villa Aurelia, è scandita dalla sintonia e dal continuo rimando fra le parole di Casellati e la relazione di Andrea Mascherin, che dell’avvocatura rappresenta il massimo vertice istituzionale. In particolare su un aspetto che riassume il senso più profondo del disegno di legge depositato proprio in Senato dai due partiti di maggioranza, Movimento 5 Stelle e Lega. Si tratta di quell’ «orizzonte istituzionale, professionale e culturale» in cui — riflette la seconda carica dello Stato — «il riconoscimento nella Carta avrebbe l’indubbio pregio di introdurre l’avvocatura». E precisa ancora: si tratta di «un orizzonte determinato non tanto dalle dinamiche privatistiche del mercato quanto dalla realizzazione di quei valori costituzionali che sono alla base della coessenzialità della professione forense con la giurisdizione».
La presidente del Senato mostra dunque di essere convinta che agli avvocati spetti una “responsabilità sociale”. Convinzione che è in piena assonanza con il cuore del discorso di Mascherin, anticipato in particolare nella prima parte della sua relazione, quando spiega che «ciascuno di noi deve essere consapevole dell’importanza del nostro ruolo sociale: dobbiamo avere ben chiara la nostra centralità rispetto a un’idea di società solidale».
Ecco: la «centralità» dell’avvocatura è l’idea forte attorno a cui si muovono, in sintonia, Casellati e il presidente del Cnf. E quella centralità viene poi riferita da Mascherin innanzitutto al processo penale, in cui si realizza il «garantismo» nella sua autentica declinazione: che parte «dal nostro ruolo di promotori della composizione sociale, a partire anche dalla compassione, che è tutela dei più deboli, così come di chi è accusato di reati così terribili da essere giudicato non meritevole di difesa» . Anche nei confronti di costoro, invece, «deve essere assicurato un processo condotto secondo tutte le regole e tutte le garanzie previste: e questa composizione basata sul garantismo è il più affidabile fattore di sicurezza sociale», spiega Mascherin, «lo è assai più di una idea della pena tutta incentrata sul carcere o della tentazione di trasformare i cittadini in sceriffi». L’avvocatura deve dunque farsi carico della «costruzione di una società solidale» a partire dalla «dialettica del confron- to» e dall’esercizio «del dubbio come strumento par arrivare a una sintesi fra visioni in conflitto». Dall’altra parte ci sono «i fautori della scomposizione», individuati da Mascherin «in coloro che praticano il linguaggio d’odio, in modo non solo esplicito ma anche insinuante». Una missione che basta a definire, secondo il presidente del Cnf, «le ragioni del riconoscimento in Costituzione della libertà e dell’indipendenza dell’avvocato. Il quale è garante anche dell’autonomia del magistrato, dal momento che se ne sancirebbe la funzione di unico potere equilibratore della magistratura». Tutto questo realizza il «ruolo sociale dell’avvocato» che, nota con orgoglio il presidente del Cnf, «evoca anche il presidente della Repubblica con il suo messaggio». Lo stesso Mascherin legge all’inizio del proprio intervento le parole di Sergio Mattarella ( integralmente riportate in altra parte del giornale, ndr).
Anche il Capo dello Stato trova il segno della «rinnovata consapevolezza in ordine alla funzione anche sociale dell’avvocatura» proprio in quel «garantismo» come «idea dello Stato» che dà il titolo alla tavola rotonda seguita, nel pomeriggio di ieri, alla vera e propria cerimonia inaugurale dell’anno forense.
I concetti di «società solidale», «ruolo costituzionale dell’avvocato» e «giusto processo» riecheggiano dunque nelle parole delle due più alte cariche dello Stato come in quelle del presidente del Cnf. Ed è quest’ultimo a ricordare anche la prima delle grandi difficoltà sopportate oggi dagli avvocati nello svolgere la loro funzione: «Aver guardato all’interesse collettivo pur nel pieno di una crisi economica che ha colpito in modo significativo anche la nostra professione». È Casellati a indicare l’altra contraddizione con cui il ceto forense fa i conti: «La frammentarietà dell’ordinamento giuridico», dovuta alle «stratificazioni» di leggi che spesso inseguono solo «esigenze congiunturali». Ne deriva un «forte disorientamento» che pero non deve fiaccare «innanzitutto nell’avvocatura» l’aspirazione «alla certezza del diritto» . Anzi, la professione forense, nota la presidente del Senato, «ha acquisito nel tempo una valenza irrinunciabile sul fronte della sua stessa necessità sociale». Ecco perché la seconda carica dello Stato guarda «con particolare attenzione al percorso, che sta per avviarsi proprio in Senato, del ddl» che «formalizza» la «rilevanza pubblica del ruolo dell’avvocatura». E non vi è ragione appunto, secondo Casellati, «di non riconoscere anche sul piano costituzionale la libertà e indipendenza dell’avvocato». Un «auspicio importante per le nostre aspettative», lo definisce Mascherin. Auspicio in virtù del quale l’inaugurazione dell’anno giudiziario non avrebbe potuto essere migliore, per gli avvocati.