L’Iran ha scelto il successore di Ebrahim Raisi, ucciso in un incidente di elicottero il 19 maggio scorso. Il prossimo presidente sarà il riformista Massoud Pezeshkian, 69 anni, che ha sconfitto al ballottaggio l’ultraconservatore Said Jalili, 58 anni.

Nel suo primo messaggio dopo la vittoria elettorale ai ballottaggi delle presidenziali in Iran, il riformista Masoud Pezeshkian ha ringraziato i cittadini iraniani che sono andati a votare «con amore e per aiutare» il Paese. «Tendereremo la mano dell’amicizia a tutti. Siamo tutti popolo di questo Paese. Ci sarà bisogno di tutti per il progresso del Paese», ha detto alla televisione nazionale.

Un conteggio dei voti offerto dalle autorità ha indicato Pezeshkian come vincitore con 16,3 milioni di voti contro i 13,5 milioni di Jalili nelle elezioni di venerdì. Nel complesso, il ministero dell’Interno iraniano ha affermato che 30 milioni di persone hanno votato in un’elezione tenutasi senza osservatori riconosciuti a livello internazionale. I sostenitori di Pezeshkian sono scesi nelle strade di Teheran e di altre città prima dell’alba per festeggiare mentre il suo vantaggio cresceva su Jalili, un ex negoziatore nucleare dalla linea dura.

Masoud Pezeshkian è un medico di origine azera, semi-sconosciuto prima della sua candidatura, Pezeshkian ha cresciuto tre figli da solo dopo la morte della moglie in un incidente. Parlamentare da due decenni, si è espresso apertamente contro la mancanza di trasparenza del governo durante le proteste a livello nazionale innescate dalla morte della giovane curda Mahsa Amini nel settembre 2022. Esperto cardiochirurgo, è stato ministro della Sanità sotto l’ex presidente riformista Mohammad Khatami (1997-2005). È stato esplicito nel criticare il governo sulla questione dell’hijab obbligatorio, ma non è mai arrivato a chiedere l’abrogazione dell’obbligo del velo per le donne. È un sostenitore dell’accordo sul programma nucleare iraniano (Jcpoa) e ha promesso di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, accusando i suoi rivali conservatori di aver rovinato l’economia, non facendo abbastanza per rilanciare il Jcpoa, da cui gli Usa di Trump si ritirarono unilateralmente nel 2018, ma che aveva portato alla revoca di alcune sanzioni. Pezeshkian è stato sostenuto da Khatami (che nelle parlamentari di marzo si era invece astenuto) e dall’ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Pur condannando l’amministrazione del presidente defunto Ebrahim Raisi in quanto incapace di risolvere i problemi del Paese, non è mai arrivato a criticare apertamente la Guida Suprema, Ali Khamenei. Ha anche sostenuto i principi fondamentali del regime, secondo cui gli Stati Uniti sono la causa principale delle tensioni nella regione.