Ci sono vittorie che valgono una sconfitta e quella di Donald Trump è una di queste. Ci sono sconfitte che si può provare a mascherare da vittorie ma con risultati sconfortanti, e la battaglia navale nella quale si è avventurata Giorgia Meloni è una di queste. La batosta incassata da Don non si misura solo sul pallottoliere, pur fondamentale, degli Stati vinti o persi anche se, a spoglio non ancora terminato, appare difficili che i repubblicani conquistino anche il Senato dal momento che, in caso di parità perfetta, il voto della vicepresidente Kamala Harris farebbe la differenza. Ma il dato politico va oltre l'asettico conteggio. Trump si aspettava un successo trionfale che lo avrebbe spinto verso la vittoria nella presidenziali del 2024 e non lo ha colto.

Certo Biden è un presidente molto debole e il test elettorale lo conferma ma i democratici non sono affatto sconfitti in partenza. Soprattutto se il presidente in carica sceglierà in passo indietro rinunciando alla ricandidature. Il miliardario era convinto di uscire dalla prova con un Partito Repubblicano soggiogato una volta per tutte. Non ce l'ha fatta neppure da questo punto di vista. I “suoi” candidati faticano o si piegano, il governatore della Florida De Santis lo insidia.

Per una parte del Great Old Party si configura più come un peso che come il toccasana per riconquistare la White House. Queste però sono partite del tutto aperte, il cui esito si vedrà nei prossimi mesi e anni. Quello che invece appare già chiaro è che l'onda populista che aveva spazzato l'occidente negli anni ' 10, decretando l'affermazione della Brexit, di Trump, dei 5S prima versione, ha perso molta della sua potenza e ha cominciato anzi a rifluire. Non è detto che non riacquisti forza ma il voto americano offre un'indicazione diversa.

La guerra delle navi Ong intrapresa con massima imprudenza dal governo italiano si sta risolvendo in un disastro diplomatico e d'immagine. Lo scontro con l’Unione europea e in particolare con la Francia di Macron proprio mentre inizia il percorso del nuovo patto di stabilità, una questione decisiva per l'Italia che contava proprio sull'asse con la Francia per strappare regole meno rigide di quelle fissate a Maastricht e poi col Fiscal Compact è un capolavoro di autolesionismo.

Sull'immigrazione il governo Meloni si è mosso in direzione opposta rispetto alla rassicurazione che lo stesso governo aveva offerto sul fronte dei conti pubblici, indebolendo se non addirittura vanificando la credibilità agli occhi dell'Europa cercata invece sul piano del rigore e dei conti in ordine. Il tutto senza però ottenere in cambio quel capitale di consenso che aveva gonfiato le vele del Salvini ministro degli Interni del 2018- 19. Il vento è cambiato.

Nuove preoccupazioni, più concrete e urgenti, hanno rimpiazzato l'emergenza immigrazione. Sparate propagandistiche come il braccio di ferro sugli sbarchi o l'assurdo decreto contro i rave erodono con la rapidità di un acido la credibilità del governo senza portare in cambio impennate di consensi. Giorgia Meloni sembrava essere stata tra le prime a rendersi conto del cambiamento nel clima politico.

Sin da molto prima delle elezioni aveva lasciato alle piazze spagnole le sparate sguaiate da comizio truce rimpiazzate da una modalità da destra certa radicale ma anche responsabile e rispettabile. Rassicurante. Tra le due tendenze opposte la correlazione è evidente. La destra ha provato a usare rave e immigrazione per riequilibrare le genuflessioni a Bruxelles.

Il problema è che lo ha fatto adottando lo stile truculento tipico del populismo del decennio scorso, in questo senso, più ancora che nelle scelte concrete, lasciando il timone a Salvini, che di quella fase era interprete fedele.

Il risultato è per la neo premier catastrofico e la pone di fronte a una scelta inevitabile: quella tra la comiziante delle performances spagnole, in tutto simile al modello Salvini, e una politica di destra fedele alla propria ispirazione di fondo ma anche responsabile e consapevole di quali limiti non si possano superare.

Nel primo caso, finirà probabilmente per essere l'ennesima meteora nel cielo della politica italiana. Nel secondo trasformerà la sua affermazione in longeva e radicata. E in fondo un bivio certo non identico ma neppure troppo diverso non molto diverso si trova di fronte, dall'altra parte dell'oceano, al Great Ol' Party.