La Camera federale degli avvocati della Federazione Russa l’equivalente del nostro Cnf ha celebrato i 160 anni della fondazione degli Ordini forensi in Russia nel corso di un convegno scientifico dedicato alla “storia” e alla “modernità” dell’avvocatura. Un’occasione di confronto e di riflessione nella Russia di Putin. Circa duecento avvocati si sono dati appuntamento a San Pietroburgo per riflettere sul passato e sul futuro della professione forense, senza tralasciare il presente e le tante ombre che lo caratterizzano. A partire dal trattamento riservato agli avvocati che si esprimono contro la guerra, che sono impegnati nella tutela dei diritti umani e che difendono gli oppositori politici.

La presidente della Camera federale degli avvocati, Svetlana Volodina, ha sottolineato la compattezza della “famiglia dell’avvocatura russa”, composta da poco più di 75 mila professionisti, che deve continuare a rimanere “unita e indipendente”. A proposito dell’indipendenza dell’avvocatura, più di qualche relatore si è soffermato sui cambiamenti verificatisi nel corso dei decenni. Non sono mancati riferimenti all’epoca dell’Unione Sovietica, quando la professione legale vide ridotti drasticamente gli spazi d’azione avendo subito in continuazione pressioni dalle autorità politiche e giudiziarie. Su questo tema si è soffermato in modo particolare uno degli avvocati più famosi e influenti, Henry Reznik.

Ma il presente nella Russia di Vladimir Putin è davvero migliore rispetto al passato? La guerra – parola vietata – è entrata timidamente nella giornata di studi. È stata ricordata un’iniziativa (una raccolta fondi) in favore degli avvocati della regione di Kursk dove sono penetrati i soldati ucraini. Sul tema dell’indipendenza si è soffermato il vicepresidente della Camera federale degli avvocati e componente dell’Ordine di San Pietroburgo, Evgeniy Semenyako, il quale ha espresso preoccupazioni sul futuro della professione forense. Secondo Semenyako, è necessario ascoltare più attentamente la comunità giuridica, conoscere più a fondo le esigenze dell’avvocatura per dissolvere l’immagine negativa degli avvocati consolidatasi nella società.

Le analisi dell’avvocatura istituzionale russa hanno avuto in teoria un intento positivo. L’indipendenza dell’avvocato e il suo ruolo sociale sono stati tratteggiati nell’importante iniziativa, ma i casi concreti, che, di fatto, hanno umiliato alcuni professionisti sono stati volutamente dimenticati. A riprova del fatto che il potere politico e la figura ingombrante del boss del Cremlino, Vladimir Putin, impediscono alla massima istituzione forense di esprimersi con chiarezza, liberamente e con un approccio solidale.

Non sono pochi gli avvocati in carcere per aver espresso le proprie opinioni o per aver svolto il proprio dovere. Emblematico il caso di Alexei Gorinov, avvocato ed ex deputato municipale, che sta scontando una pena a sette anni di prigione per aver criticato l’aggressione militare russa ai danni dell’Ucraina. Gorinov è stato il primo cittadino ad essere stato condannato in Russia nella primavera del 2022 per i cosiddetti “falsi militari”.

Oltre a questa accusa, nei mesi scorsi l’autorità giudiziaria, con le prove confezionate dall’Fsb, lo ha considerato responsabile di “giustificazione del terrorismo” (un reato contemplato dal codice penale). Gorinov, secondo l’accusa, avrebbe indottrinato nel centro di custodia di Vladimir alcuni detenuti nei pochi momenti che aveva disposizione per socializzare in carcere. Rischia di essere condannato ad altri cinque anni di reclusione. Un’ulteriore dimostrazione della forza del regime putiniano nel silenziare le voci del dissenso e nel far passare gli oppositori come “nemici della Russia”.

Un altro avvocato, Dmitry Talantov, presidente dell’Ordine degli avvocati dell’Udmurtia (repubblica della Federazione Russa) è in carcere da più di due anni e mezzo per aver scritto un post su Facebook in cui criticava la guerra e condannava i massacri di Kharkiv, Mariupol, Irpin, e Bucha. Al momento avere notizie dal carcere riguardanti Talantov è quasi impossibile. Come non ricordare, infine, il caso dei difensori del compianto Alexei Navalny? Vadim Kobzev, Alexey Liptser e Igor Sergunin sono stati perquisiti e arrestati un anno fa con l’accusa di «partecipazione ad una comunità estremista». Gli uffici dell'Ordine degli avvocati di Dalet, al quale appartengono Liptser e Sergunin, sono stati controllati da cima a fondo dalla polizia. Una perquisizione è stata effettuata pure nello studio legale di Olga Mikhailova, avvocata vicina a Navalny, che però ha fatto in tempo a fuggire dalla Russia.

Per questi avvocati a San Pietroburgo non è stato rivolto neanche mezzo pensiero. A 160 anni dalla fondazione degli Ordini forensi la Russia resta ancora impantanata nel passato e guardare al futuro con ottimismo è una impresa ardua.