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L'Avana"Ehi, Ena Lucìa, guarda un po' qua ? - dice la parrucchiera e indica una foto infilata nella cornice dello specchio davanti a me - Che te ne pare del taglio di Michelle? Swing, vero? Adesso tutte vogliono copiarglielo, ahahah ?"."Stellare! - dico io - Anche quelli di Malia e Sasha non sono male, eh? Yare? " e indico un'altra fotografia, poco più sotto, da dove sorridono le due figlie di Michelle La Vaughn."Sì, certo. Però loro hanno quell'eta lì in cui tutto ti sta bene: la super stella è la madre, dammi retta".Vengo una volta al mese nella parrucchieria della mia amica Yaremis. Andavamo insieme alle elementari, ai tempi in cui alle bambine nere non era permesso allisciarsi i capelli prima di aver compiuto 15 anni. Lei, orfana di madre, si pettinava da sola. E pettinava le sorelle. Un paio di monelle che scorrazzavano per il quartiere con i capelli arruffati.Yare dava la caccia alle due bambine senza pietà. E faceva loro le treccine, nonostante scalciassero, la insultassero e chiedessero aiuto a squarciagola.Pettinare me, le risulta molto più facile. Abile com'è, mai m'ha dato una tirata di capelli. E nemmeno pretende di imporre il suo gusto. Fa quanto le chiedo senza obiezioni.Perché poi discutere con me? Noi bianche, secondo lei, nemmeno apprezziamo i nostri capelli. Che addirittura si possono vendere. E per di più ci crescono velocissimi, ragion per cui nessuna sforbiciata sbagliata sarà mai catastrofica.Il salone di Yare è sempre molto affollato. Dai quattro confini dell'Avana arrivano ogni giorno signore nere, mulatte e bianche, per sottomettersi a trattamenti tra i più vari pur di poter sfoggiare una capigliatura di lusso: stiraggio, piastra, pettine bollente, massaggi, ferri caldi, estensioni, keratina? La proprietaria e Maidelìn, una delle sorelline - non più tanto selvaggia come in passato - compiacciono le clienti. E Kenya, la figlia di Yare, ci fa le manicure a tutte. Nel frattempo, chiacchieriamo.L'argomento di oggi: Michelle la Vaughn Robinson Obama. A tutte, in effetti, piace molto il suo look. Però Yare, che a differenza di Maide e dell'altra ex pestifera - che vivie ora in Italia - è stata una ragazzina disciplinata e studiosa, l'ammira per la sua intelligenza, a parte il look. Racconta con enfasi che Michelle, brillante avvocata e scrittrice, ha un ranking professionale migliore del marito. "E badate bene che quel ragazzo ha talento! " esclama.Chi non conosce Yare non può immaginare quanto perplessa rimase a fine 2008, quando il marito di Michelle, contrariamente a ogni pronostico, vinse le elezioni presidenziali negli Stati uniti. Ma bisogna essere giusti: non fu solo lei a sorprendersi per il successo del candidato democratico. Qui, nella più grande delle isole Antille, quasi nessuno si aspettava quella vittoria. Lo stesso Fidel Castro, prima che annunciassero i risultati dello scrutinio, aveva abbaiato con gusto dal giornale "Granma" - organo ufficiale del Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba - contro il candidato repubblicano, come se quello già fosse presidente.Andiamo su, chi diavolo concepisce possibile un presidente nero in un paese che si suppone essere l'albero del razzismo?Vero è che là, a detta dei miei compatrioti, ancora persiste la discriminazione razziale. Ma è altrettanto vero - come ho già chiarito alla mia amichetta - che là la minoranza afroamericana lotta, lavora, si organizza e è andata via via ottenendo passi avanti in tutti gli ambiti.Tutto ciò risulta ovvio a chiunque non viva a Cuba, luogoin cui il catechismo totalitario nega l'esistenza di questi progressi, dando ad intendere che nel nostro vicino del Nord nulla è cambiato per i neri dalla abolizione della schiavitù, come se fossimo sempre nel secolo XIX. E se qualche film o serie tv statunitense raccontano una storia diversa, ci pensano i "commissari acculturati" dell'isola a correre a catalogarli come propaganda imperialista.Non che Yare sia scema, eh. I suoi voti a scuola sono stati sempre migliori dei miei. Solo che io ho girato per lungo e per largo gli Stati uniti nel 1997, con gli occhi ben aperti, e lei no.Lo scivolone del nostro "lìder historico", è invece un'altra storia. Succede che gli imbroglioni cronici finiscano per credere alle loro stesse balle.Quello stupore per la vittoria di un nero alle elezioni statunitensi già è storia vecchia. Oggi la mia parrucchiera preferita, la sua famiglia e le sue clienti non si lasciano più turlupinare. Sanno ormai che negli Stati uniti un nero - e di origine umile, come ha sottolineato parlando di se stesso il marito di Michelle nel suo discorso al nostro popolo - può arrivare alla vetta del potere esecutivo.Sarebbe geniale, chiaro, se anche Michelle potesse, però abbiate un poco di pazienza, che tutto arriva. La maggioranza anglosassone, al momento, non domina nello stesso modo in cui dominava prima.Rabbiosi contro questa indiscutibile verità, i portavoce del regime cubano non smettono di ripetere che la polizia yankee passa il tempo perseguitando i ragazzi neri e che questa crudeltà, a volte letale, è cresciuta moltissimo durante la amministrazione Obama. Però la risposta non impressiona più le donne che si riuniscono nella parrucchieria di Yare.Loro sanno che questo brutto vizio poliziesco non è una malattia endemica specifica degli Stati uniti, perché hanno figli, nipoti e figliastri, nel caso delle vecchie signore, e fratelli, cugini e fidanzati, nel caso delle ragazzine. Hanno familiarità con i metodi della nostra insigne Pnr (Polizia nazionale rivoluzionaria), i cui agenti sono soliti attribuire certe sospette "caratteristiche" ai giovani neri. Conoscono di prima mano situazioni di angoscia e orrore che i mezzi di comunicazione dell'isola non raccontano mai. E stanno scoprendo che nel paese del nord si può, per lo meno, criticare l'establishment.Comunque a Maide sembra molto strano che la mania di perseguitare i neri yankee sia oggi peggiore di prima, di quando governava quel "pollo bianco"."Logico, cara - dice Kenya - Le faine razziste lassù si sono incattivite proprio perché non sopportano che Michelle e la sua tribù occupino la CasatuttoraBianca"."Però all'epoca del pollo bianco - intervengo - i due segretari di Stato, se non ricordo male, erano pure loro neri"."Sì, vabbè, Colin e Condoleezza. Ma che razza di gente è ? Guarda, senz'offesa, la verità è che quei due neri erano tesi, amareggiati, tali e quali ai bianchi. Quell'incarico, oltretutto, è a chiamata diretta. A loro due li mise là un presidente bianco. Agli Obama li ha scelti il popolo".Kenya ha 22 anni. E a quanto pare, ha fatto bene i compiti.Resto lì e la guardo di sottecchi, attaverso lo specchio, mentre lei dipinge di azzurro le unghie di una ragazza. Una cliente afferma che il marito di Michelle è stato molto comico quando ha ripetuto in cubano "¿Qué bolá, asere? " e altre cosucce cubane riprese da "Vivir del cuento", programma umoristico trasmesso da Cubavision il lunedì notte. Yare commenta che il ragazzo, con quel terribile accento, non conosce una parola di spagnolo. E Maide risponde che è l'intenzione che conta. Senza alzare lo sguardo dal suo lavoro, Kenya dice che "Vivir del cuento", il programma di maggior share nella tv cubana, è l'unico dove perlomeno si accenna ai nostri autentici problemi. La penso alla stessa maniera. E le chiedo se lei è d'accordo con TUTTI gli argomenti esposti dal marito di Michelle nel suo discorso al popolo cubano. TUTTI è la parola che serve a sostituirne altre - multipartitismo, apertura politica, trasparenza eccetera - che mi astengo dal pronunciare, perché le pareti ascoltano e io non voglio far chiudere il negozio di Yare. Quindi a buon intenditor?Kenya mi cerca attraverso lo specchio, con gli occhi luminosissimi. Ha capito la domanda, ovviamente. Non ha vissuto l'era sovietica, non si porta appresso i traumi della Guerra Fredda. Non ha paura. E fa cenno di sì.