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Colorare vestiti e accessori utilizzando tinte 100% naturali realizzate con gli scarti agricoli, come le foglie del carciofo bianco, le “tuniche” delle cipolle ramate, le scorze del melograno, i ricci del castagno o i residui di potatura del ciliegio e dell’ulivo. E’ solo una delle best practice protagoniste dell’iniziativa di Donne in Campo Cia- Agricoltori Italiani e Ispra, dedicata agli agri- tessuti che fanno bene all’ambiente. Storie di eccellenza green, come portare in passerella, per la prima volta, una collezione moda di abiti di origine forestale, prodotti da filati di cipresso, pelle di fungo e tessuti in sughero, eucalipto e faggio, conquistando così un posto d’onore al Palazzo di vetro delle Nazioni Unite di New York. O anche creare il primo allevamento di alpaca in Italia, costruendo una filiera completa dell’agro- tessile, che parte dal gregge, passa per la tosatura e filatura della lana e arriva fino al confezionamento di maglioni, sciarpe e coperte.
L’evento nasce da un questionario ad hoc, condotto dalle due organizzazioni, sulla produzione sostenibile di fibre e tessuti da fonti naturali e di recupero, i cui risultati hanno dato vita al volume “Filare, tessere, colorare, creare. Storie di sostenibilità, passione ed eccellenza”, presentato all’incontro, che raccoglie i “campioni” italiani del settore, esempi di biodiversità, innovazione ed economia circolare. Come chiede l’Onu nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, spiegano Donne in Campo di Cia e Ispra, bisogna costruire nuovi sistemi di produzione a minore impatto ambientale. Oggi una maglietta richiede, in media, 2.700 litri d’acqua per essere prodotta, genera elevate emissioni di CO2 e utilizza soprattutto fibre e coloranti di sintesi. Di fronte a questo, considerato che la produzione mondiale di indumenti è destinata a crescere del 63% entro il 2030, le potenzialità di una filiera del tessile ecologicamente orientata sono enormi, fino a rappresentare il 20% del fatturato del settore in Italia ( 4,2 miliardi). D’altra parte, già ora il 55% degli italiani è disposto a pagare di più per capi di abbigliamento ecofriendly.