Le versioni del regime iraniano cambiano, si alternano, si rincorrono e si accavallano, in una girandola diplomatica che assomiglia al gioco delle tre carte, ma di cui non si può non tenere conto.

L’ultima ci dice che l’arresto di Cecilia Sala avvenuto Teheran lo scorso 19 dicembre «non è in alcun modo una ritorsione» come ha puntualizzato la portavoce del governo della Repubblica islamica, Fatemeh Mohajerani nel corso di un incontro con i media locali. «Ci auguriamo che la questione della giornalista italiana venga risolta rapidamente», ha concluso la portavoce.

Dunque Sala non sarebbe rinchiusa nella prigione di Evin in risposta all’arresto, lo scorso 16 dicembre, del cittadino svizzero-iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, accusato dal Dipartimento di Stato Usa di traffico d’armi e violazione delle sanzioni internazionali per aver fornito sostegno materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica. Washington ne vuole l’immediata estradizione.

Già lunedì sera il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, aveva detto che l'arresto della giornalista del Foglio per violazione di non meglio precisate leggi islamiche, «non ha nulla a che fare» con la detenzione di Abedini. Sul caso della giornalista italiana, aveva poi aggiunto che la magistratura iraniana «ha aperto un’inchiesta» senza precisare altro. La speranza è che restando nel vago ci siano più margini di manovra diplomatica.

Interrogato sulla detenzione di Abedini, Baghaei ha mandato in tal senso un messaggio alla diplomazia italiana: «Consideriamo questa una forma di presa di ostaggio nei confronti dei cittadini iraniani. La loro accusa è del tutto infondata. La nostra richiesta è che le relazioni con l’Iran non vengano influenzate dalle volontà di terzi. Abbiamo seguito la questione fin dall'inizio». In altri termini: l’Italia non consideri le pressioni degli Stati Uniti e liberi senza condizioni Abedini.

L’eventuale rimessa in libertà di Abedini nella versione ufficiale del regime non sarebbe dunque schematicamente collegata al rilascio di Cecilia Sala, ma le parole della portavoce Fatemeh Mohajerani, la quale si è augurata che «il caso» si risolva al più presto, fanno capire che le accuse rivolte a Sala sono solo un pretesto e che la questione rimane tutta politica anche se si gioca attraverso una comunicazione obliqua e piena di sottotesti.

Come scriveva il New York Times, il viaggio improvviso della premier Giorgia Meloni che domenica ha incontrato Donald Trump nella sua residenza di Mar a Lago aveva come punto centrale la questione Abedini, la cui liberazione non può che aiutare a riportare a casa la nostra giornalista. Secondo il quotidiano della Grande mela Meloni è stata molto determinata anche se non conosciamo la reazione del tycoon che il prossimo 20 gennaio si insedierà alla Casa Bianca per la seconda volta.

Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani organizzerà giovedì a Roma una riunione del “Quint” sul Medio Oriente, con particolare riferimento alla situazione in Siria e Iran, alla quale sarà presente anche il segretario di Stato americano Antony Blinken. Nel corso della riunione, che si terrà nella serata del 9 a Villa Madama, il ministro affronterà con i Paesi amici anche lo stato delle relazioni con l'Iran, in particolare anche alla luce dell'arresto di Cecilia Sala.

Secondo quanto si legge in una nota del dipartimento di Stato, Blinken - reduce da una missione a Seul, Tokyo e Parigi - a Roma incontrerà i colleghi europei per discutere il sostegno a «una transizione politica pacifica, inclusiva e guidata dai siriani». Poi, il 10 e 11 gennaio si unirà a Biden per gli incontri con il Papa e con Sergio Mattarella e Giorgia Meloni.