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«Da un secolo circa a questa parte, – annota il filosofo della scienza Telmo Pievani – i prolungamenti tecnologici dei nostri occhi hanno permesso di mettere a nudo i geni, le molecole della vita. Così, l'immagine lineare del DNA, icona di casualità e destino, di speranza e condanna al contempo, ha permeato la società. Queste entità microscopiche si sono trasferite in ogni ambito del discorso pubblico, dalla pubblicità alla cosmesi. Hanno smesso di essere soltanto frammenti materiali di un complesso continuo di interazioni da cui scaturisce la vita, per divenire agenti intenzionali, essenze senza tempo, attori determinanti e inquietanti. Non a caso diciamo, di ciò che più ci caratterizza, che ce l'abbiamo “scritto nel DNA”». Sulla storia e l'evoluzione della genetica e sulle sue molteplici implicazioni nei più disparati comparti dell'esperienza umana s'incentra la rassegna internazionale DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica, ospitata fino al 18 giugno presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma. Curata dal già citato Pievani con Bernardino Fantini, Sergio Pimpinelli e Fabrizio Rufo, in collaborazione con il Comitato scientifico internazionale – costituito da scienziati e ricercatori di grande fama, fra cui ben cinque premi Nobel –, la mostra si articola in sette sezioni che da un lato ripercorrono le tappe fondamentali dello sviluppo della genetica e dei suoi protagonisti – dal monaco agostiniano Gregor Mendel, che nel 1854 iniziò a fare esperimenti di incrocio nei piselli arrivando a scoprire le leggi fondamentali dell'ereditarietà, all'agronomo italiano Nazareno Strampelli, creatore delle “sementi elette”, dalle ricerche di Linus Pauling, Erwin Chargaff e Rosalind Franklin alla formulazione del modello della doppia elica del DNA da parte di Francis Crick e James Watson – mentre dall'altro propongono tematiche di grande interesse e stringente attualità, quali le tecniche della polizia scientifica e le indagini forensi, l'uso delle cellule staminali, la clonazione umana – bandita da 19 Stati dell'Unione Europea con una risoluzione del 15 maggio 1998 ma tollerata a fini terapeutici, attraverso la coltivazione in laboratorio di cellule clonate utilizzabili per la riparazione di tessuti o organi danneggiati – , gli OGM, il genome editing e la biologia sintetica – processi, questi ultimi che possono produrre esiti sia eticamente condivisibili che deplorevoli, da cui la definizione «ricerca a doppio uso».
Linguaggi diversi compongono il percorso espositivo: dalla narrazione testuale alla fruizione dei numerosi exhibit narrativi ideati appositamente per il progetto – come l'iniziale installazione immersiva nella quale un filamento di DNA avvolge l'intero perimetro, scandito dai volti formati dalle lettere A, T, C, G, alla base del codice deossiribonucleico o la sala dedicata al Bosco dei cromosomi, rappresentati da 23 tronchi d'albero –, dalle suggestive ricostruzioni all'esposizione di video inediti alla visione di oltre novanta reperti originali, fra i quali spiccano i documenti e i referti storici appartenenti a Mendel, la prima lastra a raggi x, risalente al 1953, su cui fu incisa l'impronta della struttura a doppia elica del DNA, la vera pecora Dolly – il primo animale ottenuto per clonazione il 5 luglio 1996 al Roslin Institute di Edimburgo da Ian Wilmut, Keith Campbell e dal loro team – e una coltura in vitro delle cellule immortali “HeLa” – linea cellulare brevettata ricavata dai tessuti prelevati all'afro-americana Henrietta Lacks e impiegata per sviluppare il vaccino contro la poliomelite e favorire la ricerca sul cancro e l'Aids. A complemento della rassegna, la serie di Incontri con il dna – conferenze di approfondimento sul progresso della scienza genetica e del suo rapporto con la società, condotte dai maggiori studiosi italiani e internazionali – e il progetto Schemi mutanti. Il cinema incontra la genetica, in cui capolavori della fantascienza saranno introdotti da noti genetisti al fine di analizzarne le suggestioni di fondo in chiave scientifica.