Dopo giorni di incertezza, ieri due passaggi chiave sembrano aver riportato la giustizia nel perimetro delle garanzie. Nel pomeriggio la lettera con cui il Cnf ha chiesto al guardasigilli Bonafede di riaprire «in sicurezza» i tribunali, in serata il decreto con cui il ministro ha introdotto limiti ai processi da remoto, e che riammette, nel processo amministrativo, i difensori in udienza.  Sono due passi avanti. Che ciascuno compie verso l’altro. Da una parte il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Dall’altra gli avvocati, attraverso il Cnf, loro massima istituzione. Il guardasigilli accoglie le richieste della professione forense nel decreto, discusso ieri sera in Consiglio dei ministri, che introduce forti limiti ai processi da remoto. Il Cnf, a propria volta, rivolge a Bonafede una lunga lettera, firmata dalla presidente facente funzioni Maria Masi, in cui, dopo aver ribadito l’imprescindibilità del ritorno alle udienze vere, nelle aule di tribunale, offre una dettagliata gamma di soluzioni per riaprire gli uffici giudiziari in condizioni di sicurezza.

NEL DECRETO I LIMITI AI PROCESSI VIRTUALI

Nel giro di poche ore dunque viene ridimensionata almeno la parte più controversa del ricorso alle udienze virtuali, eliminato per tutta l’attività istruttoria e assai marginalizzato per le camere di consiglio. Viene dunque corretto il ddl di conversione del decreto Cura Italia, approvato venerdì scorso dalla Camera. Ma visto che il ricorso alla tecnologia era divenuto anche il riparo improprio di un sistema giustizia in grandissimo affanno, governo e avvocatura insieme sembrano ora avviati, grazie alla piattaforma di proposte del Cnf, verso la “riapertura” di uno degli aspetti più importanti della vita pubblica: la giustizia, appunto.

Nei giorni drammatici dell’emergenza coronavirus, quella di ieri è stata dunque una giornata importante. Perché ha avviato un percorso di ripartenza di un’attività «non differibile» qual è «la tutela dei diritti», come si legge all’inizio della lunga missiva del Cnf a Bonafede. L’iniziativa dell’avvocatura fa sintesi delle tante sollecitazioni rivolte dagli avvocati al governo già nei giorni scorsi. Non a caso, la lettera è corredata da 8 delibere assunte dal plenum dell’istituzione forense nelle ultime settimane. Documenti che vanno dalla richiesta di eliminare il ricorso alle udienze a distanza in tutti quegli ambiti del processo civile e penale in cui impediscono l’effettivo ed efficace esercizio del diritto di difesa fino alla richiesta di preservare, anche nell’emergenza, posizioni di particolare delicatezza come quelle dei soggetti più vulnerabili, a cominciare dai minori.

Un lavoro in cui il Cnf ha messo a frutto le elaborazioni di tutte le componenti della professione. Si pensi solo alle iniziative dell’Unione Camere penali e dell’Unione nazionale Camere civili sui rischi della «smaterializzazione» del processo, culminate con la nota congiunta in cui i presidenti Caiazza e de Notaristefani avevano contestato, lunedì scorso, il pressing dell’Anm per una proroga delle modalità tecnologiche.

UDIENZE APERTE ANCHE AGLI AMMINISTRATIVISTI

Le necessità della giurisdizione non sono sovrapponibili per tutti i suoi ambiti. Non a caso nel processo amministrativo la richiesta dell’avvocatura era stata diversa rispetto a quella di civilisti e penalisti: consentire la partecipazione diretta del difensore alle udienze seppur attraverso la modalità a distanza. E anche qui il governo ha accolto in pieno le sollecitazioni del mondo forense: nel decreto esaminato ieri sera in Consiglio dei ministri( ma ancora non deliberato al momento di mandare in stampa il giornale) ha trovato posto anche l’attribuzione al presidente del Consiglio di Stato dei poteri regolamentari indispensabili per consentire la partecipazione virtuale del difensore alle udienze. Così come è stata prevista la possibilità per le parti di chiedere la discussione orale. Un obiettivo tenacemente perseguito dall’Unione nazionale avvocati amministrativisti e che il Cnf aveva tradotto in una propria delibera, lo scorso 20 aprire, pure “allegata” alla lettera per Bonafede.

IL CNF: RIAPRIRE TRIBUNALI IN SICUREZZA

Tutte le indicazioni contenute nel documento firmato da Masi sono, come ricorda la presidente del Cnf, proposte nel «consueto spirito di leale collaborazione istituzionale». Fin dall’inizio dell’emergenza coronavirus, d’altronde, l’avvocatura ha sempre esercitato il proprio ruolo, valorizzato proprio dal guardasigilli, a partire dalle prime linee guida per lo svolgimento in sicurezza delle udienze adottato da ministero e Cnf nelle prime fasi dell’emergenza covid. Da allora sono poi intervenuti i decreti che hanno sospeso i termini e previsto i rinvii di tutte le udienze non urgenti. Ma dal 12 maggio lo stop finirà e perciò l’istituzione forense «rinnova la disponibilità a collaborare al fine di assicurare un’effettiva ripresa». Visto però che i provvedimenti chiave sulla giustizia, dal decreto Tribunali dell’ 8 marzo al “Cura Italia” emanato dieci giorni dopo, attribuiscono ai capi degli uffici giudiziari un’ampia gamma di possibili scelte, è necessario, ricorda il documento del Cnf, implementare e ampliare «l’opera di armonizzazione dei provvedimenti dirigenziali» e delle «prassi», spesso definite nei protocolli condivisi con i Consigli dell’Ordine degli avvocati. Tanto più che proprio nei documenti congiunti adottati nei diversi distretti giudiziari «emergono differenze non giustificabili con esigenze particolari territoriali e/ o strutturali».

Qui entrano in gioco anche le preoccupazioni dell’Anm, che ancora martedì sera ha diffuso un comunicato per sollecitare a propria volta la messa in sicurezza dei palazzi di giustizia. Esigenza condivisa dal Cnf, che ritiene «indispensabile» l’utilizzo di «presìdi sanitari». Ma proprio per superare la molteplicità disordinata delle prassi nei vari uffici, il documento firmato da Masi suggerisce di «ricorrere ad alcune soluzioni generali in modo da garantire il rispetto dei principi fondamentali della pubblicità delle udienze, del diritto al contraddittorio e di difesa reali». In modo che la «ripresa dell’attività giudiziaria» nei palazzi di giustizia possa avvenire sul serio.

E «un primo percorso utile», secondo gli avvocati, può prevedere, per esempio, «l’estensione dell’utilizzo degli strumenti tecnologici e della Pec anche ai difensori nei procedimenti penali» ( altra ipotesi già avanzata dal Cnf, in questo caso con una delibera dell’ 8 marzo) e agli «avvocati interessati al deposito di accordi di negoziazione assistita». Decisiva sarà la «accessibilità da remoto» ai «registri di cancelleria» da parte del personale amministrativo.

Soluzioni che hanno un chiaro obiettivo: ridurre il più possibile «gli accessi alle cancellerie» e dunque le presenze non indispensabili degli operatori all’interno dei tribunali, in modo da rendere praticabile l’accesso di magistrati, parti, difensori e personale impegnati nelle udienze. Una strategia indispensabile, secondo il Cnf, per tornare ad assicurare quella «attività essenziale» anche in un Paese colpito da un’epidemia così grave, che consiste nella tutela dei diritti.