PHOTO
Associated Press/LaPresse
Il fisioterapista Giacomo Naldi, che insieme a Umberto Ferrara è stato licenziato dallo staff del numero uno del tennis mondiale, Jannik Sinner, ha scritto un lungo sfogo su Instagram puntando il dito contro il processo mediatico.
I fatti accaduti
Naldi, come sappiamo, curandosi una ferita alla mano sinistra con il Trofodermin, contenente la sostanza proibita Clostebol, entrò a contatto con il campione azzurro provocandone la positività a Indian Wells. Sinner era stato scagionato dall'Itia (International Tennis Integrity Agency) per assenza di dolo. La contaminazione, infatti, era avvenuta durante un massaggio operato su Sinner da Naldi, che aveva una ferita a un dito e che aveva curato con una pomata acquistata da Ferrara. «Per prima cosa voglio dire - ha sostenuto Sinner durante una conferenza stampa - che (Naldi e Ferrara, ndr) hanno avuto un ruolo notevole nella mia carriera. Abbiamo lavorato insieme due anni, abbiamo fatto un lavoro incredibile insieme, con grandi successi. Ora per via di questi errori non sento più la fiducia per continuare con loro». Sinner ha parlato anche delle possibili conseguenze dal punto di vista della reputazione e dell'immagine che possono derivare da questa vicenda: «vedremo, non è una cosa che posso controllare». Insomma i due sono stati abbandonati per mancanza di fiducia e per aver messo a rischio la sua reputazione. Ma la loro di reputazione?
La condanna sui media e sui social
E se dietro questa decisione di mandare via i due ex collaboratori ci fosse una pressione mediatica che lo ha portato ad allontanarli invece che a sostenerli, come avrebbe invece voluto qualcuno? Non sembra inopportuno chiedersi se tutto questo battage negativo non abbia avuto un ruolo anche su Sinner. Se persino i giudici penali, come scrivono Daniel Kahneman, psicologo israeliano e docente a Princeton, e Olivier Sibony, professore all'Ecole des hautes études commerciales di Parigi, in Rumore, Un difetto del ragionamento umano (Utet 2021, pagine 443, Euro 22,80), possono essere influenzati nelle loro decisioni dal “rumore” (la sconfitta della squadra del cuore o il compleanno il giorno della sentenza, ad esempio) e dai bias cognitivi (pre-giudici), figuriamoci se un non corazzato Sinner non possa aver ceduto alla pressione. Naldi non lo ipotizza, anzi al termine del suo post ringrazia Sinner e gli fa un in bocca al lupo per la sua carriera. Eppure dice due cose importanti. La prima: sono «consapevole di aver dato il massimo, di essere stato professionale al 100%». Dunque si scagiona, facendo intuire che il suo licenziamento sarebbe ingiusto. La seconda, ossia l’incipit amaro del suo post: «È proprio vero - scrive Naldi su Instagram - che esistono due binari della giustizia: quella vera sancita dai Tribunali e quella (purtroppo più efficace) sancita dai media. Quest’ultima troppo spesso superficiale e raramente basata sui fatti concreti, che in questo caso, peraltro, sono pubblici. Da spettatore mi sono sempre chiesto quale fosse l’obiettivo di spettacolarizzare le vicende giudiziarie, se non quello di giudicare, creare o distruggere le persone e la loro reputazione. Oggi che ne sono protagonista, ne ho la conferma! […] Grazie a tutte le persone che in questi giorni non hanno giudicato superficialmente».
Sembra di rileggere le parole del professor Glauco Giostra: «il processo giurisdizionale ha un luogo deputato, il processo mediatico nessun luogo; l’uno ha un itinerario scandito, l’altro nessun ordine; l’uno un tempo (finisce con il giudicato), l’altro nessun tempo; l’uno è celebrato da un organo professionalmente attrezzato, l’altro può essere “officiato” da chiunque. Ma vi sono anche differenze meno evidenti e più profonde. Il processo giurisdizionale seleziona i dati su cui fondare la decisione; il processo mediatico raccoglie in modo bulimico ogni conoscenza che arrivi ad un microfono o ad una telecamera: non ci sono testi falsi, non ci sono domande suggestive, tutto può essere utilizzato per maturare un convincimento. Il primo, intramato di regole di esclusione, è un ecosistema chiuso; il secondo invece è aperto, conoscendo soltanto regole d’inclusione; la logica dell’uno è una logica accusatoria, quella dell’altro, inquisitoria» (Processo penale e mass media, Criminalia 2007).
Lo ha potuto assaggiare sulla propria pelle Naldi vedendo il suo nome associato alla parola doping sui giornali e alle dure critiche arrivategli sui social, dove qualcuno ha persino pensato che lo abbia fatto apposta per distruggere Sinner come in passato qualcun altro aveva voluto mettere ko Pantani. Insomma la stampa insieme alle tricoteuse 2.0 hanno infangato senza possibilità di appello la reputazione di un giovane professionista, che pure ha ricevuto la solidarietà da alcuni esponenti del mondo dello sport, come il cestista italiano Marco Belinelli. E però la gogna lo ha distrutto, altrimenti non avrebbe partecipato pubblicamente quello sfogo, che è anche un monito per chi come lui, che fino ad oggi non ha provato lo stigma e il bersaglio che ti vengono messi addosso anche se la giustizia non ti ha punito, prenda consapevolezza di quello che può accaderti da un giorno all’altro.