L’applauso più grande parte quando promette che lotterà con tutte le sue residue forze per la campagna di Harris e Walz , che lo farà come un militante di base: «Amo il mio lavoro ma amo di più il mio Paese, la Storia è ora nelle vostre mani, cara Kamala e caro Tim e io sarò il miglior volontario abbiate mai avuto».

La convention democratica di Chicago rende un commosso omaggio a Joe Biden, il presidente dimissionario, costretto a gettare la spugna perché troppo stanco e provato, troppo debole e in avanti con l’età per reggere l’onda d’urto del confronto con il proteico Donald Trump. C’è voluto un po’ di tempo per convincerlo e per convincersi, per rinunciare all’orgoglio e abdicare in nome del realismo e del bene comune. Lui che è convinto di aver governato la nazione con coraggio e saggezza, di aver contrastato la destra sul campo dei diritti civili, spesso scontrandosi con la Corte suprema a maggioranza conservatrice sul tema dell’aborto, di aver difeso il potere d’acquisto dei lavoratori americani, di aver ritrovato il feeling con gli alleati europei dopo le tensioni del primo mandato Trump e di aver restituito agli Usa il ruolo di guida nel conflitto geopolitico con la Russia di Vladimir Putin in netto contrasto con le “relazioni pericolose” tra il tycoon e il Cremlino, e di conseguenza di aver supportato fin dal primo giorno e senza reticenze la guerra dell’Ucraina contro gli invasori russi.

«Ho dato tutto me stesso all’America» si commuove Biden in chiusura di un intervento “kennedyano” venato di ottimismo e di luoghi comuni sulla «terra delle opportunità», lo ha fatto citando un verso dell’inno nazionale americano The star spanglend banner. Un trionfo agrodolce per il vecchio Joe acclamato dalle migliaia di delegati giunti in Ohio, costretto forse per necessità di copione e di propaganda elettorale ad affermare che il suo sofferto endorsment per Kamala Harris è stata «la decisione più importante che ho preso da presidente degli Stati Uniti». Alla fine, con estrema modestia e understatement, Biden riesce persino a ironizzare sulla sua età, inadeguata: «Sono stato troppo giovane per fare il senatore e troppo vecchio per fare il presidente.

Dal palco le personalità dem si succedono e salutano l’amico Joe, ripercorrendo la sua storia politica, la sua epopea di self made man figlio dell’America profonda. Shawn Fain, presidente del sindacato United auto worker che esibisce una maglietta rossa contro Trump “sabotatore di scioperi”, onora le umili origini di Biden, nato tra la classe operaia bianca della Pennsylvania, ricordando la sua visita ai lavoratori della Greneral motors durante uno sciopero a Detroit lo scorso anno, «l’unica di un presidente in carica».

Sempre dall’ala sinistra del partito arrivano le dolci parole di Alexandra Ocasio Cortez, 34enne deputata di New York, che esprime la sua «immensa gratitudine» al vecchio guerriero, celebrando la vittoria del 2020, quando sostenne la campagna Biden anima e corpo, contribuendo alla vittoria contro l’odiato Trump «uno che venderebbe l’America per un dollaro». Alla kermesse di Chicago ha parlato anche Hillary Clinton, sfidante di The Donald nel 2016 e non proprio una sodale di Biden, celebrando «la dignità, il rispetto e la concretezza» di un uomo «che ha consacrato la sua intera vita a servire l’America».

Quando sul palco sale la consorte Jill Biden, la vicenda politica si impasta necessariamente con i sentimenti e gli affetti personali in una dichiarazione di amore che ripercorre in cinquant’anni di vita condivisa fino alla scelta più difficile della sua carriera compiuta lo scorso 21 luglio: «Grazie Joe per aver sondato la tua anima, ora Kamala e Tim vinceranno perché sapranno ispirare una nuova generazione e far sentire a tutti che facciamo parte di qualcosa che è molto più grande di noi stessi».

Nella notte sono andati in scena gli interventi dell’ex presidente Barack Obama e della moglie Michelle. Kamala Harris parlerà domani, quondo la convention le darà l’investitura ufficiale per sfidare Donald Trump.