Non solo Gaza. L’esercito israeliano ha infatti lanciato ieri mattina un’imponente operazione in quattro città della Cisgiordania nel corso della quale sarebbero stati «eliminati nove terroristi armati». Le forze dell’Idf hanno sferrato attacchi coordinati contro Jenin, Nablus, Tubas e Tulkarem con bombardamenti e incursioni di convogli corazzati come, afferma il network al Quds, non se ne vedevano dalla, sanguinosa, seconda Intifada, nel 2002.

La Mezzaluna Rossa palestinese conta dieci palestinesi uccisi nella notte: due a Jenin, quattro nell’attacco contro un’auto in un villaggio vicino e altri quattro in un campo profughi vicino alla città di Tubas. Una quindicina i feriti. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha interrotto una visita in Arabia Saudita per tornare in Cisgiordania e «seguire l’evoluzione dell’aggressione israeliana», ha riferito l’agenzia ufficiale palestinese Wafa. Sebbene le operazioni militari israeliane siano diventate un evento quotidiano nella Cisgiordania, un’offensiva simultanea su più città è rara.

Nelle ultime settimane queste operazioni si sono concentrate soprattutto nel nord del territorio, dove sono più attivi i gruppi di miliziani. «L’esercito opera con tutte le sue forze dalla notte nei campi profughi di Jenin e Tulkarem per smantellare le infrastrutture terroristiche islamiste iraniane lì situate», ha specificato il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz che ha esplicitamente accusato Teheran di avere un ruolo nel quotidiano lancio di razzi contro Israele dall’inizio della guerra a Gaza.

Lunedì l’esercito israeliano aveva riferito di aver bombardato il campo profughi di Nur Shams a Tulkarem e l’Autorità Palestinese aveva parlato di cinque morti, tra cui Jibril Jibril, un palestinese rilasciato da una prigione israeliana a novembre nell’ambito dell’unica tregua finora raggiunta a Gaza. In quasi un anno, a fronte delle oltre 450mila vittime palestinesi nella Striscia, in Cisgiordania sono stati uccise circa 650 persone, per mano dell’esercito israeliano o dei coloni.

D’altra parte, secondo i dati ufficiali israeliani, nel territorio controllato dall’Anp sono morti almeno 20 israeliani, tra cui soldati aggrediti da palestinesi o colpiti nel corso di raid contro i miliziani. La Jihad islamica ha denunciato una «guerra aperta da parte dell’occupante israeliano». «Con questa aggressione, che cerca di trasferire il peso del conflitto sulla Cisgiordania, Israele vuole imporre sul terreno un nuovo Stato e annetterlo», ha affermato. Da parte sua, Hamas, la cui popolarità è aumentata vertiginosamente in Cisgiordania dall’inizio della guerra di Gaza, mentre quella del partito Fatah di Abbas è crollata, ieri sera ha nuovamente esortato i tre milioni di palestinesi della Cisgiordania a «ribellarsi» contro l’occupazione.

Da parte sua L’Onu ha condannato l’operazione israeliana: L’Ufficio dei diritti umani guidato da Volker Turk, sottolinea infatti che «gli scontri tra le forze di sicurezza israeliane e i palestinesi armati in Cisgiordania con costituiscono un conflitto armato secondo il diritto umanitario, per cui l’uso della forza deve rispettare le norme dei diritti umanitari applicabili alle operazioni di sicurezza». Il ricorso a caccia ed altre armi e tattiche militari da parte delle forze israeliane «violano gli standard, portano ad esecuzioni extragiudiziarie ed altri assassinii, come alla distruzione di abitazioni ed altre infrastrutture civili»..