Emmanuel Macron si è impegnato a fondo per poter ospitare L’Ai Action summit, terzo grande vertice mondiale consacrato all’intelligenza artificiale dopo gli incontri di Bletchley Park (Regno Unito) del 2023 e Seul del 2024.

Da oggi centinaia di imprenditori dell’high tech e rappresentanti del mondo politico sono riuniti al Gran Palais di Parigi: sul tavolo temi chiave: regolamentazione, etica, sicurezza e – soprattutto – investimenti per il futuro di una tecnologia che dominerà il nostro secolo. Presenti il primo ministro indiano Narendra Modi, il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance (accompagnato dalla famiglia), il vice primo ministro cinese Zhang Guoqing e Sam Altman, fondatore di OpenAI, l’azienda che sviluppa ChatGPT il più celebre assistente di Ai generativa del pianeta.

Durante l’evento che terminerà domani sarà lanciata una partnership globale pubblico-privata chiamata “Current AI” per sostenere iniziative su larga scala che servano l’interesse generale. Ma quando si parla di competizione tecnologica l’interesse generale rischia di essere una petizione di principio. Il summit mette a confronto le principali potenze mondiali, con Stati Uniti e Cina a fare la parte dei protagonisti indiscussi; due colossi che stanno costruendo la loro supremazia sull’Ai grazie a strategie ben definite e ingenti risorse economiche.

Negli USA, colossi come Google, Microsoft e OpenAI investono miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, trasformando ogni nuova tecnologia in una realtà commerciale in tempi record. La Cina, dal canto suo, punta su un modello diverso, con forti investimenti statali e una stretta collaborazione tra governo e grandi aziende come Baidu e Alibaba e con il lancio del chat bot DeepSeek ha dimostrato di poter competere con gli Stati Uniti a costi decisamente inferiori. E sullo sfondo della corsa tecnologica si sta disputando una frenetica competizione politica perché chi nei prossimi decenni deterrà le versioni più avanzate e sofisticate di intelligenza artificiale avrà automaticamente più potere globale.

E nonostante il clima cooperativo tra le nazioni che si respira al Grand Palais, il ministro britannico alla Tecnologia, Peter Kyle è stato di estrema chiarezza: «A guidare la corsa devono essere le democrazie occidentali e non le autocrazie o i paesi dove non esiste lo Stato di diritto, si tratta di un elemento cruciale». Ogni riferimento alla Cina è puramente voluto.

Il presidente francese è consapevole che la Francia e l’Europa sono chiaramente indietro, nella ricerca e nello sviluppo a qualsiasi livello dell’Ai e punta a colmare il divario. Alla vigilia del vertice Macron ha infatti annunciato un piano di investimenti pubblici molto ambizioso – oltre cento miliardi di euro - che prevede la costruzione di 35 data center, degli enormi magazzini destinati ai server e ai super-calcolatori necessari per archiviare e gestire l’enorme flusso di informazioni di cui hanno bisogno i software di Ai e la creazione di almeno centomila nuovi posti di lavoro.

«La Francia e l’Europa devono essere al centro di questa rivoluzione, per cogliere tutte le opportunità e promuovere i principi in cui crediamo». Macron ha poi chiesto ai francesi di sostenere il comparto nazionale, scaricando Le Chat, l’assistente di Ai ideato dalla start up transalpina Mistral. L’annuncio dell’Eliseo ha generato interesse anche all’estero e il fondo di investimento canadese Brookfield si è detto pronto a spendere 20 miliardi per realizzare il primo grande data center nella città di Cambrai nel nord del Paese.

E l’Italia? Nel confronto internazionale, il nostro paese appare un osservatore più che un protagonista. Non solo la Francia ma anche la Germania e il Regno Unito sono molto più avanti di noi per ricerca e fondi investiti. Non esiste infatti un vero piano nazionale sull’intelligenza artificiale, mentre gli investimenti pubblici restano decisamente inferiori rispetto a quelli dei principali partner europei. La crescita del settore è affidata a iniziative isolate e non coordinate, con poche grandi aziende e centri di ricerca che negli scorsi anni si sono impegnati portare avanti progetti innovativi. Come quello realizzato dal consorzio CINECA, che gestisce alcuni tra i supercomputer più potenti al mondo, oda ENI, che utilizza l’Ai per migliorare l’efficienza nella ricerca energetica e ottimizzare la produzione di elettricità.

Tuttavia, manca una visione d’insieme; le piccole e medie imprese che rappresentano la colonna vertebrale dell’economia italiana fanno fatica a entrare nel settore a causa dei costi elevati e della carenza di infrastrutture digitali adeguate, o per la scarsa disponibilità di talenti specializzati. Anche in questo caso ci sono esempi virtuosi come Industrio, Datrix, Expert system, imprese che già oggi sfruttano le potenzialità dell’Ai nel settore del marketing, della finanza, delle assicurazioni e della stessa industria manifatturiera anche se con effetti limitati.

Delle oasi nel deserto eccezioni che avrebbero bisogno di molto più sostegno e investimenti da parte del nostro mondo politico e imprenditoriale.