I grandi club del calcio devono essere strutturati sul campo e a livello societario. L’obiettivo è vincere sul rettangolo di gioco e fuori, quando serve. Anche in tribunale. Per questo occorre – è proprio il caso di dirlo – dotarsi della migliore squadra.

Lo sanno bene sul “versante celeste” di Manchester, dove i dirigenti del City si sono affidati a Lord David Pannick, uno degli avvocati più famosi e pagati del Regno Unito, per sostenere le ragioni della squadra allenata da Pep Guardiola, accusata di 115 infrazioni, che sarebbero state commesse in 14 stagioni, attinenti al regolamento calcistico inglese in materia di parametri finanziari, senza tralasciare i dubbi su una serie di accordi commerciali. Il peso che hanno le squadre della Premier League è quello di una multinazionale.
L’impegno dell’avvocato Pannick, intento ad evitare grane ai Citizens – provvedimenti come la decurtazione di punti in classifica o peggio la retrocessione sono gli incubi di ogni tifoso -, non è passato inosservato, tanto che sugli spalti dell’Etihad Stadium in diverse occasioni sono comparsi striscioni che lodano l’impegno davanti agli organi di giustizia. Nel “processo sportivo del secolo” si contrappongono il Manchester City e la Premier League che litigano in merito alle norme sul fair play finanziario. Su uno striscione è comparsa la scritta “Paddick on the streets of London” che rievoca il titolo della canzone degli Smith, “Panic on the streets of London”.

Due giorni fa il verdetto di un collegio arbitrale in merito al contenzioso sugli accordi commerciali con le sponsorizzazioni che sono diventate delle vere e proprie miniere d’oro per i club, mentre non si conoscono ancora i tempi riguardanti la sentenza sulle presunte violazioni finanziarie. In quest’ultimo caso Lord Pannick sta studiando la migliore strategia per evitare guai alla squadra di proprietà del consorzio Abu Dhabi United Group.

La decisione sugli accordi commerciali, composta da 175 pagine, ha suscitato grande interesse oltremanica con commenti contrastanti sui giornali, nelle radio e in televisione. Qualche osservatore ha parlato della prima vittoria del Manchester City con la partita di ritorno, più attesa e più difficile, che porterà ad una sentenza sul fair play finanziario. Il più critico è stato Jason Burt del Telegraph, il quale ha messo in guardia i lettori su un rischio concreto: lo sport più bello del mondo può essere definitivamente azzoppato da un a miriade di norme e da interessi che nulla hanno a che fare con le emozioni suscitate da schemi e giocate spettacolari.

«Leggere l’esaustiva sentenza di 175 pagine del collegio arbitrale nel caso Manchester City contro la Premier League – scrive Burton - non è solo deprimente, ma, a dire il vero, anche confusionario. A differenza di una partita di calcio, non c’è un risultato chiaro, anche se c’è un grande perdente. Il calcio stesso». Burt si sofferma sul lavoro di Lord Pannick. In questo momento delicato per il calcio alcuni avvocati stanno offuscando la fama di campioni del calibro di Haaland, Foden e Grealish e «sono ormai diventati parte dello sport».

«Mentre noi siamo cresciuti idolatrando Bobby Charlton o Bobby Moore, Kenny Dalglish o Kevin Keegan, Glenn Hoddle o Paul Gascoigne, Eric Cantona o Ian Wright – ricorda Burt -, ora abbiamo avvocati presentati da alcuni fan come se fossero gli eroi moderni del gioco. Il fatto è che il futuro dei club calcistici non si decide più solo in campo o in sala riunioni. Ora è sempre più spesso nelle aule dei tribunali: con cause legali di alto profilo che vanno da presunte violazioni finanziarie, a richieste di risarcimento, a divieti di scommesse e droga. Forse non sorprende che un direttore sempre più influente dell’Arsenal sia Tim Lewis. La sua professione? È un avvocato d’affari».
L’esperto di calcio del Telegraph spera in tempi migliori. «C’è assolutamente bisogno – aggiunge Jason Burt - di regolamentazione e responsabilità. Vogliamo che il nostro sport sia protetto, la mancanza di trasparenza è un problema significativo che la Premier League si rifiuta di affrontare. Ma sicuramente vogliamo anche che rimanga uno sport. Troppo spesso oggi le storie significative non riguardano ciò che accade in gioco. Troppo spesso i giocatori più importanti non sono in campo».
Chissà se in futuro vedremo nelle Curve Nord (nerazzurra) e Sud (rossonera) di San Siro striscioni inneggianti agli avvocati di Inter e Milan, vittoriosi in eventuali processi per aver difeso con successo i due gloriosi club milanesi, tirati in ballo da pseudo-tifosi che usavano la “Scala del calcio” per gestire i loro business illeciti.
A proposito di “Panic on the streets of London”. Un verso della canzone recita così: “La vita potrà più tornare normale?”. Riadattato al calcio d’oggi, basato su regole in alcuni casi cervellotiche, parametri finanziari, calciatori divi e capi ultrà che scimmiottano i businessmen, potremmo dire: “Il calcio potrà più tornare normale?”.